Don
Vincenzo si addormentò nelle braccia del Signore, alle ore
dieci e tre quarti del 20 dicembre 1831. Era vissuto 80 anni, 6
mesi e 17 giorni.
Il ferale annunzio venne dato alla popolazione da «Michele-Gennaro-Immacolata»,
la campana grande dell'antica e della nuova chiesa di S. Croce,
alla quale fecero eco tutte le campane delle altre chiese di Torre.
La salma stette esposta nella stanza delle udienze, dove Don Vincenzo
riceveva i suoi filiani (soprattutto i poveri) per tutto il resto
del giorno venti, tra l'andirivieni di una folla strabocchevole
che digià lo venerava come un santo.
Il giorno seguente, 21 dicembre, alle ore nove, la venerata salma
venne trasportata nella chiesa di S. Croce, da dove, alle ore undici,
su di un cataletto scoperto, fu portata processionalmente per tutte
le strade della città. Il sac. Giuseppe Romano così
scrisse:
Procedevano vestiti a sacco, i Fratelli delle due Congregazioni,
cioè di quella del SS. Sacramento (S. Michele) e dell'altra
dell'Assunta, in tanto numero, come se fossero andati ad una solenne
Processione per qualche grande Festività. I sei fiocchi della
coltre venivano portati da due Canonici, da due Ebdomadarii, e da
due del Clero non Collegiale (questi ultimi per la luttuosa occasione
avevano messo da parte il persistente rancore che essi avevano verso
la Collegiata). E tutti procedevano con torchi accesi a quattro
lumi; seguivano il Feretro, il Sindaco, i Decurioni, ed i Governatori
della Chiesa Parrocchiale, tutti con ceri accesi a quattro lumi.
E dietro una enorme folla che, a mano a mano, lungo il percorso
si faceva sempre più numerosa ed era un mercoledì
giornata feriale: a Torre si era fermata ogni attività lavorativa.
I balconi e le finestre erano addobbati a festa con i più
preziosi damaschi che non sono mai mancati nelle case torresi, anche
le più povere, e la venerata salma passava sotto una pioggia
di fiori e di confetti.
Il deposito canonico della salma del Romano avvenne nella mattinata
del giorno 22. Alla presenza del vicario generale dell'Arcidiocesi
napoletana, fu constatato che dalle vene del defunto usciva sangue
fluido e che il corpo non presentava alcuna traccia di rigidità
cadaverica. Parte del sangue fuoriuscito venne raccolto in un'ampolla
chiusa a sua volta in una cassetta con otto suggelli della Curia
Arcivescovile, e posta a lato della salma nella cassa grande che
la raccoglieva.
La sepoltura fu allestita sotto il pavimento nella cappella intitolata
a S. Francesco di Sales, la terza dopo il battistero, nella navata
sinistra del tempio, dalla parte dell'Evangelo, e sul muro fu posto
una lapide con una semplice iscrizione, indicante il nome, cognome
e grado del defunto che ivi giaceva sepolto.
Camillo Balzano scrive che quella lapide era ancora a quel posto,
quando venne rimossa il 13 ottobre 1927. C'è da pensare,
piuttosto, che nel 1856, dovettero essere apportate aggiunte o che
in quell'anno incisero una nuova lapide comprendente l'epigrafe
apposta nel 1831 e quella del 1856.
La riportiamo anche noi rilevandola dallo stesso Balzano, anche
per la sua importanza storica, perché la seconda parte della
lapide ricorda la prima ricognizione sui resti mortali del Beato,
ricognizione avvenuta alla presenza del cardinale Sisto Riario Sforza,
il 24 novembre 1856, a venticinque anni dalla morte.
HIC IACET CORPUS SERVI DEO
D. VINCENTII ROMANO
ECCLESIAE S. CRUCIS TURRIS OCTAVAE PAROCHI
E IUSDEMQUE ECCLESIAE COLLEGIATAE PRAEPOSTI
CURIAE ARCHIEPISCOPALIS AUCTORITATE CONDITIUM
VIXIT ANNOS LXXX, MENSES VI, DIES XVII
OBIIT XIII KALENDAS IANUARII, ANNO MDCCCLVI
DIE VERO VIII KALENDAS DECEMBRIS ANNI MDCCCLVI
EM. MO ARCHIEPISCOPO NEAPOLITANO S.R.E CARDINALI
D. XISTO RIARIO SFORTA PRAESIDE
A. IUDICIBUS PER APOSTOLICAM SEDEM DELEGATIS
ITERUM RECOGNITUM
Il Balzano tiene a precisare che la «D.» avanti al nome
del Beato, sta ad indicare il suo nome di battesimo ed è
l'abbreviativo di Domenico.
La secondo ricognizione ebbe luogo il 13 ottobre 1927, nel primo
centenario della consacrazione della nuova chiesa, come è
segnato nell'architrave della porta centrale del tempio.
In questa occasione i resti mortali del Beato furono tolti dalla
fossa in cui erano stati depositati nel lontano dicembre del 1831,
anche perché il luogo dove erano fu trovato abbastanza umido,
e dal lato dell'Evangelo furono trasferiti al lato della Epistola,
sempre nella stessa cappella dedicata a S. Francesco di Sales.
Raccolti in una piccola tomba ornata da un bronzo bassorilievo con
l'effigie somigliantissima del Venerabile, opera dello scultore
Vincenzo Noto, sono stati in quel posto fino al 7 settembre 1963,
quando alla presenza del cardinale Alfonso Castaldo, avvenne la
terza ricognizione e fu allora che mons. Garofalo e i medici presenti,
rivelarono la frattura del collo del femore sinistro. Sul fronte
della tomba c'era la seguente iscrizione:
QUI RIPOSANO
VEGLIATI DALL'AMOR DEL POPOLO
GLI AVANZI MORTALI
DEL VEN. VINCENZO ROMANO
PREPOSITO CURATO DI QUESTA PARROCCHIA
CANONICAMENTE RICONOSCIUTI
IL 24 NOVEMBRE 1856
DOPO UNA NUOVA RICOGNIZIONE DELLA CURIA
FURONO QUI TRASFERITI
PER AUTORITÀ APOSTOLICA
IL 13 OTTOBRE 1927
3.6.1751 _ 20.12.1831
LA BEATIFICAZIONE
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