Vincenzo
Romano, il 1° gennaio 1824, mentre si accingeva a recarsi in
chiesa per la messa, mise un piede in fallo e cadde. Nella caduta
riportò la frattura del collo del femore sinistro ( la precisazione
la dobbiamo a mons. Salvatore Garofano presente nell'ultima ricognizione
sui resti mortali del Beato). Prima di allora, per tutti, si era
rotto «il»femore. Pure il papa Pio VII si era rotto
«il» femore o si era sfracellato «il» collo
del femore. E ancora, che il Beato riportò la frattura «
alla gamba ».
E ora noi, che stiamo tracciando un parallelo tre le vite dei due
uomini, non sappiamo quale femore si fratturò papa Pio VII
E anche questo potrebbe avere certa importanza ai fini della nostra
indagine.
Intanto la chiesa di S. Croce era stata edificata
completamente anche se il Vesuvio per tutto il periodo dei lavori
era stato ininterrottamente attivo, e molte volte le lave avevano
minacciato la città, specialmente nell'eruzione dell'ottobre
1821.
Il 3 maggio del 1827, dopo che la facciata del tempio era stata
ultimata, il Venerando Vegliardo elevò l'inno alla clemenza
del Signore e alla Sua Infinita Provvidenza, con l'apporre sull'architrave
della porta centrale la lapide che ancora oggi leggiamo.
D.O.M.
NOVUM HOC TEMPLUM IN HONOREM S. CRUCIS D.N. JESU CHRISTI
SUPER RUINAS ANTIQUI AB IGNEO VESUVII TORRENTE XVII KAL
JUL MDCXCIV LABEFACTATI PRAEMISSIS AD COLEUM PRECIBUS
ADMIRABILI DEI PROVIDENTIA HERCULANENSES EXCITAVERE
A.D. MDCCCXXVII
A DIO OTTIMO MASSIMO. GLI ERCOLANESI INNALZATE
LE PRECI AL CIELO, PER AMMIRABILE PROVVIDENZA DI DIO, FECERO RISORGERE
QUESTO NUOVO TEMPIO, IN ONORE DELLA S. CROCE DI N. S. GESU CRISTO,
SOPRA LE ROVINE DEL VECCHI TEMPIO, DISTRUTTO DAL TORRENTE DI FUOCO
DEL VESUVIO NEL 15 GIUGNO 1794.
ANNO DOMINI 1827
E' d'uopo ricordare ancora che il torrente di fuoco
distrusse il vecchio tempio, il 16 giugno (XVI Kal. Jul.) e non
il 15 giugno (XVII Kal. Jul.), precisamente tra le ore 7,15 e le
7,30 del mattino.
Il tempio di S. Croce - scrive Camillo Balzano - in poco
d'anni sorse maestoso, ampio, svelto, con le tre navi e la crociera,
sovrastata da una cupola superba, intorno alla quale erano in giro
dodici grandi finestre.
Don Vincenzo volgeva il suo sguardo sospettoso verso quella cupola,
e se è vero ciò che dice il Balzano e cioè
che nel tamburo c'erano ben dodici finestre (troppe per quella circonferenza)
egli aveva molti motivi per preoccuparsi della sua stabilità.
Egli perciò chiamò sul posto alcuni tecnici napoletani
e dopo il sopralluogo questi tranquillizzarono il parroco: non c'era
nulla da temere.
Eppure, don Vincenzo qualche volta borbottava: non era per niente
convinto, tanto che una sera dell'estate del 1828, mentre rincasava
accompagnato dal suo medico, Filippo Cuomo, si soffermò a
guardare per l'ennesima volta la cupola superba a vedersi, tanto
che i suoi occhi sfavillavano di gioia. Ma ad un tratto diventò
triste e, rivolto al dottor Cuomo, disse: Non è lontano
il giorno in cui non sarò più parroco di tutta questa
chiesa - indicando con la mano la lunghezza del sacro edificio.
IL CROLLO
DELLA GROSSA CUPOLA DELLA NUOVA CHIESA DI S. CROCE
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