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Tratto da
Uomini e Fatti di
Torre del Greco
pagg. 203/249
 
 
 
VINCENZO ROMANO

LE TRIBOLAZIONI DEL PREPOSITO CURATO.

 

Vincenzo Romano, il 1° gennaio 1824, mentre si accingeva a recarsi in chiesa per la messa, mise un piede in fallo e cadde. Nella caduta riportò la frattura del collo del femore sinistro ( la precisazione la dobbiamo a mons. Salvatore Garofano presente nell'ultima ricognizione sui resti mortali del Beato). Prima di allora, per tutti, si era rotto «il»femore. Pure il papa Pio VII si era rotto «il» femore o si era sfracellato «il» collo del femore. E ancora, che il Beato riportò la frattura « alla gamba ».
E ora noi, che stiamo tracciando un parallelo tre le vite dei due uomini, non sappiamo quale femore si fratturò papa Pio VII… E anche questo potrebbe avere certa importanza ai fini della nostra indagine.

Intanto la chiesa di S. Croce era stata edificata completamente anche se il Vesuvio per tutto il periodo dei lavori era stato ininterrottamente attivo, e molte volte le lave avevano minacciato la città, specialmente nell'eruzione dell'ottobre 1821.
Il 3 maggio del 1827, dopo che la facciata del tempio era stata ultimata, il Venerando Vegliardo elevò l'inno alla clemenza del Signore e alla Sua Infinita Provvidenza, con l'apporre sull'architrave della porta centrale la lapide che ancora oggi leggiamo.

D.O.M.
NOVUM HOC TEMPLUM IN HONOREM S. CRUCIS D.N. JESU CHRISTI
SUPER RUINAS ANTIQUI AB IGNEO VESUVII TORRENTE XVII KAL
JUL MDCXCIV LABEFACTATI PRAEMISSIS AD COLEUM PRECIBUS
ADMIRABILI DEI PROVIDENTIA HERCULANENSES EXCITAVERE
A.D. MDCCCXXVII

A DIO OTTIMO MASSIMO. GLI ERCOLANESI INNALZATE LE PRECI AL CIELO, PER AMMIRABILE PROVVIDENZA DI DIO, FECERO RISORGERE QUESTO NUOVO TEMPIO, IN ONORE DELLA S. CROCE DI N. S. GESU CRISTO, SOPRA LE ROVINE DEL VECCHI TEMPIO, DISTRUTTO DAL TORRENTE DI FUOCO DEL VESUVIO NEL 15 GIUGNO 1794.
ANNO DOMINI 1827

E' d'uopo ricordare ancora che il torrente di fuoco distrusse il vecchio tempio, il 16 giugno (XVI Kal. Jul.) e non il 15 giugno (XVII Kal. Jul.), precisamente tra le ore 7,15 e le 7,30 del mattino.

Il tempio di S. Croce - scrive Camillo Balzano - in poco d'anni sorse maestoso, ampio, svelto, con le tre navi e la crociera, sovrastata da una cupola superba, intorno alla quale erano in giro dodici grandi finestre.

Don Vincenzo volgeva il suo sguardo sospettoso verso quella cupola, e se è vero ciò che dice il Balzano e cioè che nel tamburo c'erano ben dodici finestre (troppe per quella circonferenza) egli aveva molti motivi per preoccuparsi della sua stabilità. Egli perciò chiamò sul posto alcuni tecnici napoletani e dopo il sopralluogo questi tranquillizzarono il parroco: non c'era nulla da temere.
Eppure, don Vincenzo qualche volta borbottava: non era per niente convinto, tanto che una sera dell'estate del 1828, mentre rincasava accompagnato dal suo medico, Filippo Cuomo, si soffermò a guardare per l'ennesima volta la cupola superba a vedersi, tanto che i suoi occhi sfavillavano di gioia. Ma ad un tratto diventò triste e, rivolto al dottor Cuomo, disse: Non è lontano il giorno in cui non sarò più parroco di tutta questa chiesa - indicando con la mano la lunghezza del sacro edificio.

IL CROLLO DELLA GROSSA CUPOLA DELLA NUOVA CHIESA DI S. CROCE