A questo punto diamo la parola al nostro amico carissimo
mons. Salvatore Garofano.
Quando il Papa, tornò finalmente alla sua sede apostolica,
sembrò che il Preposito fosse impazzito di gioia. Nonostante
che a Napoli comandassero ancora i Francesi, mobilitò tutti
i maggiorenti e il popolo di Torre per una festa senza eguali: la
chiesa fu sfarzosamente apparate, la città illuminata per
tre giorni di santo tripudio e per la prima ed ultima volta in vita
sua permise che la musica in chiesa fosse affidata a un'orchestra
( op. cit., pag. 142 ).
Qui
richiamiamo alla memoria del cortese lettore quel lontano 28 giugno
del 1790, quando nella casa del Signore, nell'antico tempio distrutto
dall'eruzione il 16 giugno del 1794, con la scusa del funerale a
Gaetano de Bottis, si era svolta invece la più grande assemblea
massonica, al suono di una grande orchestra venuta da Napoli, alla
presenza di un pubblico che affollava la chiesa e che non era venuto
per pregare per l'anima del defunto don Gaetano.
Il Preposito «impazzito» di gioia per il ritorno del
papa, volle anch'egli l'orchestra, non per gli aristocratici, non
per i preti col bastoncino, non per i letterati; ma per i suoi umili
e fedeli filiani, in altre parole, per il popolo di Dio, ossequiente
alla Chiesa di Roma. E forse fu quella l'unica volta che Vincenzo
Romano s'interessò, sia pure marginalmente, di politica.
L'eco dei grandiosi festeggiamenti giunse all'orecchio del papa
che, commosso e riconoscente, volle colmare i torresi, tramite il
loro parroco, con ogni sorta di concessioni ed indulgenze.
Circa la morte di Pio VII, che tanta analogia ha con quella del
Romano, e che è opportuno sottolineare, riportiamo un episodio
che non collima con almeno due versioni: quella del pronipote del
Beato, don Giuseppe Romano (1881) e quella del sac. Camillo Balzano
(1932).
Nel riportare la deposizione di don Filippo Cuomo, Giuseppe Romano
scrive:
D.FILIPPO CUOMO così depose: Alla morte di Pio VII, mentre
si ritirava il Servo di Dio INSIEME CON ME , mi disse: In questa
Torre del Greco vi è un anima, che ha vista l'anima del Pontefice
andarsene addirittura (sic) in Paradiso. Io gli interrogai, chi
fosse quest'anima, ma egli non più rispose, ed io pensai
fra me, che quest'anima fosse Lui stesso. Gli ripetei, siete stato
forse voi? Ed Egli seguitando a camminare, non mi rispose.
E questa è la versione di Camillo Balzano:
Il Ven. Romano si ritirava una sera col Sac. PASQUALE LOMBARDO,
(tanto eccellente nella virtù, quanto l'istesso Romano) ed
era il venti luglio del 1823. Egli rivolto a LOMBARDO disse: in
questa Torre del Greco, vi è una persona, che ha visto l'anima
del Pontefice andarsene in paradiso. All'ora che egli diceva questa
proposizione, moriva il grande Pontefice Pio VII, Barnaba Chiaramonti,
tanto da lui venerato e grandissimamente amato
Chi era che si accompagnava a don Vincenzo quella sera ? Don Filippo
Cuomo o don Pasquale Lombardo? L'unica cosa a cui siamo in grado
di rispondere è che non era il «venti luglio»
- come scrive il Balzano - ma il VENTI AGOSTO 1823. Don Camillo,
per un suo lapsus, fa morire il papa un mese prima.
Ed ecco L'ANALOGIA DELLA MORTE DEL PAPA CON QUELLA DEL ROMANO.
Come accadrà per il Romano (1° gennaio del 1824, non
come scrive Camillo Balzano: 1° gennaio 1825) il papa che già
era caduto una volta, cadde di nuovo il 6 luglio 1823, e questa
volta si ruppe il femore. Questa caduta lo portò alla tomba.
Assistito dal suo confessore cardinale Bertazzoli, compì
tutti i doveri religiosi, ma un giorno che il troppo zelante assistente
lo esortava a nuova devozioni importunandolo non poco, rispose annoiato:
- Andate, voi siete veramente un pio seccatore.
Morì, come abbiamo detto, il 20 agosto 1823 (cfr. David Silvagni,
La Corte e la Società romana).
LE TRIBOLAZIONI
DEL PREPOSITO CURATO
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