Nel
1806, dicevamo, ebbe inizio il cosiddetto «decennio francese»
che durerà fino al maggio del 1815. Regnò per primo
Giuseppe «Napoleone» Bonaparte (30 marzo 1806 - 2 luglio
1808) e poi Gioacchino «Napoleone» Murat ( 30 marzo
1808 - 19 maggio 1815), ed anche questo periodo fu particolarmente
triste per la Chiesa Napoletana, sacrificata e perseguitata con
ogni sorte di angherie.
Il ministro di Polizia, Antonio Saliceti, inviò a Torre del
Greco un uomo più feroce di lui, un certo monsieur Craisson.
Questi - scrive Camillo Balzano -
Si portò dal parroco, per trarlo ai suoi disegni. Il Venerabile
gli resistette su tutto il fronte, e quando si fu alle minacce,
disse: - Quando si tratta della glori di Dio, ecco la mia vita,
non temo nessuno.
Ed è da questo punto che due vite divennero parallele: quella
di Pio VII e quella di Vincenzo Romano,
Anzi la risposta data da don Vincenzo al commissario francese, anticipa
di tra anni quella data dal grande pontefice al generale Miollis
nella notte tra il 5 e il 6 luglio del 1809.
Fin dal 10 giugno, il cannone di Castel S. Angelo, aveva dato l'annuncio
che Roma era diventata città imperiale ( l'episodio è
ricordato nel finale del primo atto della «Tosca» di
Giacomo Puccini), e nell'istesso istante il tricolore francese garriva
sullo stesso castello.
Pio VII (Giorgio Barnaba Chiaramonti, Cesena, 14 agosto 1742 - Roma,
20 agosto 1823) si chiuse nel palazzo Quirinale ed emanò
la BOLLA «Quum memoranda illa die seconda februari Gallorum
copiae» con la quale scomunicava Napoleone Bonaparte e
pure i francesi.
Nella tarda serata del 5 luglio i francesi circondarono il Quirinale
e nella notte, in tutta segretezza, per mezzo di lunghe scale a
pioli, penetrarono nel palazzo. Il papa, accortosi di quanto stava
avvenendo, si fece trovare nella sala delle udienze con i cardinali
Pacca, Despuig e altri prelati, e al generale Miollis che era andato
da lui per arrestarlo, così rispose:
L'imperatore potrà farci a pezzetti, ma non otterrà
mai questo da noi.
Alludeva alla rinuncia temporale imposta da Napoleone.
Eppure quel papa mite e modesto, che non aveva nemici, dovette partire
per l'esilio assieme al Cardinale Pacca, avendo in tasca, tutti
e due, una lira e settantacinque centesimi. Viaggeremo all'apostolica
- disse Pio VII.
Nei giorni seguenti per le vie di Roma apparvero dei cartelli coi
versi dell'Alighieri:
Veggio
E nel vicario suo Cristo esser catto.
Veggiolo un'altra volta esser deriso;
Veggio rinnovellar l'aceto e 'l fele.
(Purg. XX, 87-89)
Mentre questo avveniva a Roma, un umile parroco nella lontana Torre
del Greco piangeva e pregava per la liberazione del pontefice. Pietro
è in carcere - egli diceva tra le lacrime; certamente
il suo pensiero correva al cardinale Ruffo Scilla, vescovo della
sua diocesi, anch'egli esiliato, mentre sulla cattedra di S. Aspreno
sedeva mons. Bernardo Della Torre, imposto dai francesi.
Nel frattempo, il 23 maggio 1808, Giuseppe Bonaparte aveva lasciato
Napoli, chiamato dal fratello ad assumere il trono di Spagna, e
il 6 settembre era giunto a Napoli il cognato Gioacchino Murat,
impennacchiatissimo e acclamatissimo dalla popolazione che vedeva
in lui il Rinaldo dell'opera dei pupi. Infatti il 5 ottobre riuscì,
grazie anche a Giovanni Bausan, a cacciare gli inglesi dall'isola
di Capri.
La sera stessa ad acclamare l'eroe al largo del Palazzo, in prima
fila, in rappresentanza del clero napoletano c'era mons. Bernardo
della Torre, vicario generale dell'Arcidiocesi, vecchio massone,
giansenista e gallicano.
Il sole napoleonico di Austerliz, tramontato sulla Beresina, calava
all'orizzonte anche in Europa, e prima ancora che abdicasse a Fontanebleau
(11 aprile 1814) l'Imperatore dei francesi diede ordine di liberare
il papa.
PIO VII, il 31 marzo era già a Bologna e dopo una sosta a
Cesena, sua città natale, il 24 maggio faceva il suo INGRESSO
TRIONFALE A ROMA
SANTO
TRIPUDIO A TORRE: GRANDIOSI FESTEGGIAMENTI CON LA MUSICA IN CHIESA
AFFIDATA A UN' ORCHESTRA
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