Proprio all'inizio di quell'anno, altri sconvolgimenti
politici dovevano funestare il regno di Napoli. Diciamo «funestare»
per modi di dire, perché in fondo non ebbe nulla di funesto,
anzi proprio quell'anno venne abolito il feudalesimo.
Alle prime avvisaglie del temporale il primo a scappare fu, come
al solito, Ferdinando IV ( il suo motto era: fuimme ! fuimme!).
Infatti il 24 gennaio s'imbarcò per Palermo, e l'11 febbraio
s'imbarcò la regina.
Il 14 febbraio il generale Andrea Massena con la prima colonna di
truppe francesi entrò in Napoli e il giorno dopo entrò
il fratello di Napoleone, Giuseppe Buonaparte, acclamato entusiasticamente
dal popolo napoletano.
O Francia, o Spagna
abbasta ca se magna.
Dietro l'esercito invasore rientrarono in Napoli parecchi giansenisti
e massoni del 1799, tra i quali mons. Bernardo Della Torre. Era
di ritorno da Roma, dove era andato a piangere i suoi errori.
Pur di non collaborare coi francesi, il cardinale Russo Scilla,
con bolla del 23 marzo 1806, nominò suo vicario generale
il Della Torre. Non aveva altra scelta fa fare: fu obbligato.
Per aver negato il giuramento di fedeltà al nuovo re Giuseppe
Bonaparte, il Ruffo Scilla, il 26 maggio fu esiliato, e durante
il viaggio verso il lungo esilio a Parigi, da Firenze in data 20
giugno, così scriveva al padre barnabita Francesco Saverio
M.a Bianchi.
Sono stato obbligato a dare i miei poteri a Mons. Della Torre,
vescovo di Gragnano e Lettere, e l'ho scelto a mio vicario (Ambrasi
- Riformatori e ribelli a Napoli, pag. 252).
Ma il cardinale, in seguito, non dovette affatto pentirsi, avendo
il Della Torre, durante l'intero decennio, difeso con tutti i mezzi
gli interessi della Chiesa napoletana. Basti dire che il suo intervento
riuscì a salvare la monumentale chiesa di S: Domenico Maggiore,
che i francesi volevano destinare a
stalla per i cavalli del
loro esercito invasore.
Anni prima, anche a Torre del Greco, sparuti giacobini locali (sono
sempre coloro che aspettano la «liberazione» dagli eserciti
stranieri) ironizzando sullo zelo di cui era animato don Vincenzo
Romano nella riedificazione del tempio di S. Croce distrutto dalla
lava vesuviana, usavano dire: costruisse pure la chiesa, sarebbe
stata una buona stalla per le bestie dell'esercito francese che,
intanto era entrato a Napoli il 22 gennaio 1799.
SAN
FRANCESCO SAVERIO M. BIANCHI
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