Proprio
mentre infuriava la reazione borbonica, spietata e sanguinaria,
nel settembre del 1799, quasi novantenne, nella sua casa di campagna,
si spegneva il vecchio don Gennaro Falanga. Era stato parroco e
poi preposito curato per ben cinquantotto anni.
Il 27 dello stesso mese i governatori laici della chiesa di S. Croce,
avvalendosi del loro diritto di nomina - come giustamente scrive
il Garofalo, e non come aveva scritto il pronipote del Beato, il
sac. Giuseppe Romano, secondo il quale
Il governo laico di allora DICEVA DI AVERE DIRITTO di nominare e
presentare all'Ordinario Diocesano il Preposito Curato -
All'unanimità segnalarono alla Curia arcivescovile il
nome di Vincenzo Romano.
Don Giuseppe Romano scrisse pure (1881) che il prozio andò
a prostrarsi ai piedi del cardinale supplicandolo di nominare un
sacerdote più degno di lui e che l'Eminentissimo Porporato
Con tuono autorevole di voce preruppe: Ebbene? Che cosa avete
promessa nella S. Ordinazione
Al proprio Vescovo? Eminentissimo - rispose Vincenzo - Obbedienza
- Dunque - replicò l'Eminentissimo Arcivescovo - Obbedite.
Certamente non si tratta dell'arcivescovo, perché il
vecchio cardinale Zurlo, fin dal 5 agosto, aveva lasciato l'Arcivescovado,
dove morirà il 31 dicembre 1801, senza mai più tornare
a Napoli, e data la sua tarda età, non poté nemmeno
partecipare al Conclave di Venezia in cui, il 14 marzo 1800, venne
eletto papa Pio VII.
Al cardinale Giuseppe Capace Zurlo, sulla Cattedra di S. Aspreno,
seguì il napoletano Giovanni Vincenzo Manforte che fu arcivescovo
di Napoli soltanto per sedici giorni. A questo successe il cardinale
Luigi Ruffo Scilla.
Nel 1806 la grande mole della nuova chiesa di S. Croce era già
stata completata e coperta in tutta la parte grezza, tanto che don
Vincenzo volle benedirla, anche se occorrevano ancora anni ed anni
per portare a termine la colossale opera.
L'ABOLIZIONE DEL FEUDALESIMO
- ENTRATA DI GIUSEPPE BUONAPARTE A NAPOLI
|