Il più acceso protestatorio fu certamente
don Antonio Luisi (1771 - 1841), che, attraverso epigrammi e motti,
non cessò mai di scagliare frecce ai membri della collegiata.
Uno di questi motti, ancora di attualità a Torre, si usa
rivolgerlo in tono scherzoso a chiunque viene eletto o promosso
a più alto incarico di qualsiasi genere, ed è il seguente:
'U cardinale, 'i priévete cchiù fesse 'i ffa canuònece.
Però, né il dottissimo Antonio Luisi, né tutti
gli altri sacerdoti che sapevano leggere il Vangelo, vollero capire
che la collegiata non era stata istituita dal cardinale Zurlo per
onorare i più illustri e colti sacerdoti come loro, magari
ricchi, ma per soccorrere i più poveri, che per l'eruzione
erano rimasti senza casa e privati del sacro patrimonio, con assegnare
loro un sussidio detto «prebenda». Ecco perché
don Vincenzo dal suo letto di dolore invocava la carità fraterna
verso i più sfortunati.
Ed egli usò la massima discrezione, non palesando mai le
ragioni per non umiliare ulteriormente i componenti della collegiata.
Era talmente elevata la sua nobiltà d'animo che, pur essendo
umile e povero egli stesso, non volle mai far trasparire l'indigenza
altrui, coprendole sempre con tangibili e segreti aiuti.
LA NOMINA
DI DON VINCENZO ROMANO A PREPOSITO CURATO
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