Ventuno anni dalla prima e diciassette dalla
seconda separano questa edizione degli «Itinerari Torresi» di Raffaele Raimondo. Per entrambe le edizioni furono stampate meno
di tremila copie. Troppo poche per un libro che, pur essendo «particolare» in quanto tratta di argomenti «locali», si rivolge
ad una platea abbastanza vasta. Ed in effetti si è fatta
richiesta da parte di concittadini, che avevano avuto la possibilità
di leggerlo, perché da tempo introvabile nelle librerie,
di una nuova edizione.
Spinto da queste richieste ho deciso di realizzare ancora una volta,
come, del resto, per l'ultimo libro «Uomini e fatti dell'antica
Torre», senza nessuna sovvenzione da parte di chicchessia
e dare ai concittadini, che lo cercano, questo libro che, mi sembra,
ha avuto il merito di risvegliare ricordi sopiti negli anziani e
di porre davanti ai giovani il ritratto veritiero di una città
attiva, viva ed onesta quel tanto che bastava. Voglio dire senza «mitizzazioni» come qualcuno con intento denigratorio
e non certamente elogiativo ha commentato l'opera. Essa sarebbe
pervasa da una ideologia «conservatrice» che guarda
al passato con nostalgico compiacimento per condannare un presente «progressista» e volto al miglioramento delle classi
sociali meno abbienti. Ma proprio questo libro nella tundra culturale
torrese è servito a far ricordare, a dare in parte conoscenza
vera circa la storia della nostra città e a stimolare in
tanti la voglia di interessarsi alla stessa. Ma, non andando più
oltre in questa riflessione, per non tediare e per non suscitare
inutili polemiche, come quella circa la posizione dell'antica parrocchiale
di S. Croce, «volta ad est» o a quella della base
dello storico campanile se fosse «diritta» o a «piede
di torre», rammenterò a costoro che il ricordo del
passato, della storia, generale e personale che sia, è sempre,
e guaio se non lo fosse, pervaso per naturale disposizione dell'anima
in chi in esso si muove, da nostalgia e malinconia. I nostri avi
non furono né migliori, né peggiori di noi, semplicemente
vissero in circostanze e in tempi completamente diversi e con diversa
mentalità. La loro «visione del mondo» era
diversa perché diversa dalla nostra era la loro realtà.
Se comparazione si volesse fare piuttosto bisognerebbe riflettere
che noi, loro discendenti, dovremmo interessarci sulla effettiva,
adeguata, consequenziale azione collettiva in continuità
culturale e morale con «quel passato». Ed è
proprio in quest'ottica che si colloca l'opera di Raffaele Raimondo.
Con cuore sensibile e con lucida mente egli, pur non tralasciando
il proprio lavoro, ha «perso tempo» dietro ai ricordi,
trascurando, si, gli «affari» e con le sue meditazioni
ha cercato con grande generosità costruire un ponte tra il
passato ed il presente ove tutti i torresi potessero agevolmente
transitare senza i «permessi speciali» di una cultura
paludata ed elitaria.
E su questo ponticello, debole o forte che sia, mi sembra che in
questi venti anni in molti e di tutte le età hanno transitato
con piacere e profitto eccetto quelli che per incapacità
del loro spirito più che della mente hanno tralasciato di
porvi piede.
Seguono qui le «prefazioni» alla prima (1973) e alla
seconda edizione (1977) scritte entrambe dall'Avv. Salvatore Accardo,
direttore del giornale «La Torre». Esse ben descrivono
il libro e la sua interna motivazione.
Mi congedo dai gentili lettori con la certezza che con piacere essi
leggeranno queste pagine che sono dedicate alla cara memoria di
Anna Raimondo amatissima dal nostro caro e dolce papà.
Torre del Greco 2 maggio 1994
FRANCESCO RAIMONDO
|