Venerdì 29 settembre, ore 6,30 passate da poco.
Coloro che avevano sintonizzato il loro apparecchio radio sulla
frequenza delle stazioni del secondo programma , non dimenticheranno
mai l'incredulità e lo sgomento provati in solo pochi secondi
in quel triste mattino. La lettura del GR2 interrotta di colpo a
microfono aperto e delle voci sommesse e concitatamente incrociarsi.
Dal tono della pronunzia, si capì subito che qualcosa di grave era
accaduto, e che l'annunciatore e gli altri presenti nello studio
non sapevano il da farsi.
- Allora dobbiamo interrompere? - domandò l'addetto alla lettura
del telegiornale. - Direi di sì - rispose un'altra voce -
interrompiamo... Ancora attimi di esitazione e poi la tremenda comunicazione.
Pur di fronte alla terribile realtà, traspariva, attraverso la sua
riluttanza, l'incredulità di chi si accingeva a dare al mondo la
ferale notizia... Poi la messa in onda della registrazione del comunicato
irradiato dalla Radio Vaticana.
Appena nel numero scorso, in una «manchette» nella
prima pagina del nostro giornale, augurammo a papa Giovanni Paolo
I, una «lunga vita in un felice ed illuminato pontificato».
E, col pensiero, augurammo anche a noi stessi di vederlo per
molti anni alla guida spirituale degli uomini, oltre che fragili,
tante volte indegni di professarsi cristiani.
Egli era proprio il papa adatto ai tempi che corrono. Innalzato
alla più alta cattedra, soffriva di vertigini perché non era per
niente cattedratico: perciò le sue parole semplice, attraverso la
Sua voce suadente, accompagnata dal suo aperto sorriso, andavano
subito al cuore di chi l'ascoltava. Il suo sogno preferito era l'insegnamento
del catechismo ai fanciulli. Non a caso Egli accennò fugacemente
alla Sua mamma quando, tenendolo sul grembo, gli raccontava le gesta
di Gesù, come facevano tutte le mamme di una volta. Egli era rimasto
come un fanciullo, perciò alle nostre scarne parole vogliamo aggiungere
quelle di Geno Pampaloni, pubblicate da «Il Tempo»
(30/9) e riportate da «L'Osservatore Romano» (1/10).
«Come sarebbe impossibile e irrispettoso tracciare, dopo
poco più di un mese dalla elezione di Giovanni Paolo I al soglio
pontificio, un bilancio del su pontificato, così sarebbe altrettanto
presuntuoso e forse blasfema cercare di decifrare il segno racchiuso
nella sua morte improvvisa»
«E' passato come un fanciullo: ilare, scanzonato, un po'
sbarazzino...».
«Ha portato nella Chiesa il sorriso aperto della bontà, la
spontanea cordialità popolare, l'umiltà della saggezza e, oserei
dire, il volto indifeso dell'innocenza. Così lo ricorderemo con
il rimpianto di qualche cosa: che ci è stato sotratto anzitempo,
ancora intatto di promesse e di futuro. Come un fanciullo».
***
Appena eletto, dalla loggia della Basilica Vaticana, rivolto
alla immensa folla, raccontò di quel cardinale che Gli aveva detto:
- Su, coraggio, se il Signore manda un peso, dà anche la forza per
poterlo sostenere. Indi paragonando Lui stesso ai suoi predecessori,
Giovanni XXIII e Paolo VI, fece intendere che non aveva le doti
degli altri due e aggiunse subito: - Ora sono qui e spero tanto
che voi mi aiutate con le vostre preghiere -
Nel prendersi sulle sue spalle la pesantissima Croce, nell'ansia
di servire il Signore e la Chiesa, l'ha abbracciata e sollevata
con tanto amore e con una veemenza tale, che il suo fisico sembrava
vacillasse. S'è schiantato nella notte, solo, mentre era intento
a leggere nel silenzio della sua stanza all'ultimo piano del palazzo
apostolico così vicino a Dio. Forse più che leggere meditava con
il pensiero rivolto a tutto ciò che oggi accade in Italia e nel
mondo intero.
Come in una visione consentita soltanto alle anime buone e sensibili
come la Sua, avrà visto troppo sangue scorrere. L'avrà visto prima
vermiglio ricco di giovinezza, simbolo della vita e dell'amore e
poi diventare aggrumito e scuro, simbolo di odio e di morte. Ed
Egli, che attraverso il Suo dolce sorriso, con la simpatia, emanava
amore e vita, non ha resistito. Non ha resistito perché non era
una visione. Era, purtroppo, la orribile verità.
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