«Parigi non è sempre Parigi: può
anche essere Torre del Greco!».
Nei discorsi di queste sere al caffè Palumbo di Torre del
Greco che è posto proprio all'ingresso della città
dove partono e arrivano tranvai e pulmans che collegano la cittadina
vesuviana con Napoli non si parla d'altro che della festa dei "Quattro
Altari".
E: «Parigi non è sempre Parigi: ma può anche
essere Torre del Greco » per il semplice fatto che quest'anno
a dare il benvenuto ai visitatori che vengono alla festa proprio
accanto al Caffè Palumbo i torresi hanno costruito una Torre
Eiffel luminosa che raggiunge l'altezza di circa quaranta metri
dal suolo. Questa «torre Eiffel».
Insieme al risorto «Altare di fabbrica» alla marina
è tre le principali meraviglie della festa ma c'è
dell'altro poiché quest'anno i torresi più che meravigliare
sbalordiscono addirittura.
L'idea di questa luminosa Torre Eiffel da porsi proprio alla porta
principale della città l'ha avuta il noto artista Raffaele
Raimondo componente del comitato artistico dei festeggiamenti.
Per la festa di quest'anno, che è tra le meglio organizzate
di questi ultimi tempi ci volevano grandi idee: idee luminose insomma
ovvero idee da tradursi, in luminarie.
Fu così che Raffaele Raimondo qualche giorno fa si rinchiuse
in una camera del circolo Morelli in piazza Santa Croce e qui tra
un caffè freddo e l'altro, che quelli del comitato non gli
fecero mancare, ebbe l'idea della Torre Eiffel che piacque subito
a tutti.
Occorre dire che la maggior parte degli altri innumerevoli giochi
di lampadine multicolori che dànno in queste notti alla città
un aspetto fiabesco da «mille ed una notte» sono uscite
dalla fertile fantasia del Raimondo. A tradurle in atto ci ha poi
pensato l'elettricista Nicola Del Gatto che ormai in materia si
è acquistata una fama indiscussa.
Non c'è una festa a carattere popolare in tutta Italia meridionale
nella quale il Del Gatto non sia invitato. Questo mago delle luci
si presenta in città, paesi, borghi e villaggi del Sud ed
«illumina».
Accade che quando i visitatori arrivano in un luogo dove vi sia
festa con luminarie si assicurano prima di tutto che ai piedi delle
impalcature che reggono cascate luminose, girandole, mulinelli e
via discorrendo ci sia il «gatto nero». E' come un
marchio di garanzia ed il «gatto nero» è infatti
la sigla con la quale l'artista che appunto si chiama Del Gatto
sigla le sue fantastiche luminarie che durano quanto una festa dura
ma che sempre hanno da essere perfette.
Così Raffaele Raimondo e Del Gatto hanno illuminato Torre
del Greco.
E' sorta la Torre Eiffel come benvenuto al visitatore il quale poi
addentrandosi nella cittadina è preso nel vortice delle luminarie
sempre nuove, sempre inattese.
E di luminaria in luminaria si passa alla «visita»
degli «Altari».
Si chiama la festa dei «Quattro Altari» ma gli altari
non sono quattro ma molti di più. Forse il numero quattro
piace ai torresi, forse nell'antichissima tradizione del riscatto
baronale avvenuto nel 1699 gli altari in origine furono veramente
quattro.
Nel circolo degli armatori torresi dove la storia cittadina sta
scritta su certi vecchi «mazzi» di carte napoletane
che sono passate per le mani di un paio di generazioni di ostinati
naviganti, i marittimi che parlano della festa lo fanno con frasi
antiche e monosillabi brevi. Abituati ai lunghi silenzi del mare
questa gente, parla poco ma il clima della festa traluce anche nei
loro volti ed allora dicono la «vera storia di come nacque
la festa».
Allora si fa presto a capire che le multicolori lampadine di oggi
sono i fuochi di gioia delle notti del 1699 e che gli «Altari»,
queste alte costruzioni in legno e cartone altro non sono che le
rudimentali pitture che secoli fa i torresi sempre in quelle famosi
notti e sotto lo stimolo di una immensa gioia frenetica derivante
dalla riconquistata libertà disegnarono sui muri delle case
col carbone, con le unghie, con il loro innato senso artistico atavico
che fa di ogni torrese un artista nato.
A distanza di secoli dando oggi un'occhiata a questi «Altari»
si ritrova in qualche metro di tela e cartone l'atmosfera di quella
notte che dura nella festa che si ripete.
Sulle impalcatura di legno che stanno agli angoli delle più
importanti strade della città la fervidissima fantasia del
torrese costringe in un fantastico insieme di contrasti: simboli,
allegorie, storia patria, religione, e s'intessono fregi al vero
con quell'attaccamento alla terra natia e con il ricordo della «cacciata
dei baroni» sulla punta dei pennelli ed il tutto si fonde
in una commovente opera d'arte che all'angolo delle strade testimonia
l'attaccamento immenso del torrese alla sua terra natia.
E la festa è una generale mobilitazione di tutti gli artisti
e gli artefici locali i quali fanno a gara per superarsi in bravura
ed il pubblico sarà buon giudice e la lunga sosta del visitatore
ai piedi dell'altare sarà la ricompensa migliore per chi
lo ha ideato e per coloro che lo hanno costruito.
E gli altari ogni anno vengono eretti ai loro soliti posti. In via
Salvator Noto «al tuo cospetto, o Signore, non siamo che polvere»,
così si intitola l'altare costruito dal signor Sorrentino
ed ideato dal prof. Giuseppe Prodromo che ha avuto per suoi coadiutori
il fioraio Oculato, Antonio Avenia, Domenico Ancona, Giovanni Ondeggia.
Nella rappresentazione simbolica, perfettamente riuscita, una fola
di potenti e di uomini appartenenti a tutte le razze si china di
fronte al Cristo Trionfatore.
Da via Salvato Noto in via Fontana dove il notissimo commendatore
Nicola Ascione con la collaborazione di Antonio e Stanilslao Sorrentino
si mantiene nei limiti della tradizione con la costruzione di una
potente roccaforte medioevale che sulla sua più alta torre
regge le simboliche statue delle virtù teologali.
Da qui poi in Via Cavour dove l'inesauribile vena creativa di Biagio
madonna, Vincenzo Oliviero e Vincenzo Palomba ha fatto rivivere
sulla tela un tempio in stile barocco.
Si continua il giro della città e, sempre tra luminarie festanti
e bancarelle di ogni genere, si arriva al corso Garibaldi dove «Sansone
atterra un leone». E' questo il grande altare di fabbrica
che così si chiama per differenziarlo da tutti gli altri
che sono in tele e cartone. Il risorto «altare di fabbrica»
è la seconda novità di quest'anno. Qui la costruzione
ciclopica si fonde con il particolare di squisito buon gusto. Siamo
alla Marina ed il mare che fa da sfondo all'altare sembra dipinto
a mano tanto qui tutto è irreale ed inatteso. Ed in questo
mirabile scenario naturale «Sansone atterra un leone».
Il progetto e la esecuzione sono opera dell'affreschista professore
Nicola Ascione che ha legato il suo nome da tempo alla festa dei
«Quattro Altari».
Seguono poi gli altari di via Agostinella curato da Vincenzo Granata,
Carmelo Lombardo, Francesco Sannino. Quello di San Giuseppe alle
paludi. (Vincenzo ...nata, Raffaele Di Maio, Alfredo Buonandi) e
poi in Via XX Settembre eseguito dal sig. Pasquale Costa con collaborazione
di Carlo Parlati, Giovanni Figliolini, Mario Di Lecce, Umberto Crispino.
Da qui ancora al Largo Bandito dove «Gesù conforta
Giovanni» (Carmelo Lombardo, Vincenzo Granata, Andrea Pesce).
In Piazza Luigi Palomba ancora il pennello del professore Nicola
Ascione fa rivivere sulla tela una mirabile ricostruzione di archi
e colonne.
E gli altari non sono ancora finiti (altro che quattro) In via Purgatorio
l'artista Mattia Mario Barba in collaborazione con Pietro Paolo
Paolillo, di Errico e Francesco Ascione, del Cavaliere Di Rosa e
dei fratelli Russo ha fissato sulla tela una toccante scena che
raffigura il «Dio umile ed onnipotente».
Infine in via Venerabile Vincenzo Romano ancora un progetto di Nicola
Ascione con esecuzione del prof. Alfonso La Fera nel fondo dell'ampia
strada una rievocazione della «Chiesa Cattolica».
Coadiutori: Ciro Trapanese, Gaetano Capo e Pasquale Sorrentino.
Questi gli altari ma le meraviglie non sono finite. Si passa ai
«tappeti». I «segreti» tappeti di Torre
del Greco noti in tutto il mondo. Sono i tappeti di fiori che gli
artisti disegnano sul pavimento nell'interno delle chiese mirabili
mosaici che un soffio può cancellare ma che l'arte immortala.
Quest'anno i tappeti raffigurano: «La natività della
Vergine» (Raffaele Guarracino), «Cristo risana il
cieco» (Ciro Borriello), «Comunione del Girolamo del
Domenichino» (Antonio Velardo), «Ecce Homo»
(Salvatore D'Amato), «Il transito di San Giuseppe»
(Salvatore Seme), «La messa di San Basile dinanzi all'imperatore
Valente» (G. D'Istria).
Dagli altari ai tappeti di fiori e poi suoni, canti e musiche a
non finire per questa festa che quest'anno vuole battere tutti i
precedenti records illuminando anche quelle strade che per il passato,
perché poste alla periferia, rimanevano al buio con giuochi
di luce sempre nuovi. Per l'occasione sono state mobilitati i due
«grandi concerti» della «Città di Ferrandina»
diretto l'uno dal maestro cav. Umberto Angoscia e l'altro «Città
di Sora» diretto dal maestro comm. Francesco Donatelli i quali
eseguiranno musica nella piazza Santa Croce fantasticamente illuminata
dalla facciata della grande chiesa omonima.
NINO LONGOBARDI
|