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A cura del Comitato Feste Turismo e Sport
di Torre del Greco
1977
 
 
La Festa dei Quattro Altari
 
La città - il popolo - la festa
 

di Raffaele Raimondo

La denominazione Torre del Greco non è altro che il nome volgare, cioè dialettale, attribuito alla località per il vino ricavato da una qualità di uva greca ivi coltivata. Da questo il nome "Torre d' 'u ghrieco", e non "Torre d''u grieco". La denominazione all'origine esclusivamente fonica, cioè parlata, mala interpretata fece capire che fosse derivata da un fantomatico romito greco che, sulle pendici del Vesuvio, preparava quel vino. Successivamente il nome volgare cominciò ad apparire, tradotto in italiano, anche negli scritti. L'equivoco sorse perchè le due versioni: quella esatta: "Torre d''u ghrieco" e quella errata: Torre d' 'u grieco, tradotto in italiano danno sempre Torre del Greco. Insomma la nostra città ha un nome di... vino...

Torre del Greco, spesso orribilmente danneggiata e altre volte totalmente distrutta dalle eruzioni del vicinissimo vulcano, è sempre risorta più bella e fiorente di prima, soltanto per la tenacia e le virtù dei suoi figli, senza aiuti di chicchessia, come avvenne dopo l'eruzione del 1794.
L'eroismo dei torresi è scritto a caratteri d'oro nella "Storia del Reame di Napoli" di Pietro Colletta.
"Furono le cure del Governo solamente pietose, impedita la liberalità dalle strettezze dell'erario..." (il re "nasone" se ne infischiò della "spugna d'oro" del suo regno: se ne scappò a Sessa Aurunca con tutta la famiglia). Eppure, continua a scrivere Coletta: "In breve tempo, sopra il suolo ancora caldo, videsi alzare nuova città, sopraponendo le case alle case distrutte, e le strade alle strade, i templi ai templi" (qui rifulse di luce santa, il parroco di S.Croce, Vincenzo Romano). "Possente amor di patria che, dopo tanti casi di sterminio, si direbbe cieco ed ostinato, se in esso potesse capir difetto".
Fu proprio Il Vesuvio con le sue frequenti eruzioni e con le sue esalazioni malefiche che distruggevano e le sementi ed i raccolti, a spingere i torresi verso il mare e a tramutarli, da pastori e contadini che erano, in abilissimi costruttori di navigli d'ogni genere, in intrepidi navigatori ed arditi pescatori di corallo.
La pesca del coralloè tutta una storia di corsari barbareschi, di rapine subite, di lunghe schiavitù in terra d'Africa, di morti crudeli e di feroci combattimenti che i torresi dovettero affrontare con indomito coraggio, per la tracotanza dei predatori arabi e turchi. Ancora oggi, per indicare una situazione estremamente critica e pericolosa in cui si sono trovati, usano dire: "mmë vëriéttë pigliatö r' 'i turchë".
A tutto questo vanno aggiunte le avversità naturali. Un caso disastroso avvenne agli inizi della "campagna" di pesca del 1869: le 300 barche salpate pochi giorni prima, furono sconquassate, sbaragliate e disperse da una spaventevole tempesta che sconvolse tutto il Mediterraneo. L'anno appresso ne partirono 400.
La "campagna" per la pesca "d ''u ccurèllo", aveva inizio, verso la fine di marzo, se il tempo era buono, o verso i primi d'aprile, e terminava il giorno della festa del Rosario. Proprio il sette di ottobre, i torresi, in qualunque punto si trovavano per la pesca, issavano a bordo l'''ingegno", spiegavano le vele e drizzavano la prua sulla via del ritorno; perciò le giornate di ottobre erano di attesa impaziente per le donne torresi.
Il tempo di durata della pesca del corallo, dall'inizio alla fine, è racchiuso, in un colloquio tra due donne ed è un vecchio canto popolare prettamente torrese (inizi dell'800).
E' una nenia che mio padre cantava spesso, durante il lavoro, di cui io ricordo solo il motivo degli ultimi quattro versi. Trascrico il brano con gli accenti sulle vocali a, e, o che, nella "parlata" torrese, hanno un suono indistinto o muto:

Stäsérä së nnë vannö i märënärë,
së spàrtënö i maritë d' 'i muglièrë,
äccussì së spartärrännö i nnämmurätë.
Stattë bbònä nnämmuratèlla mia,
cë vërimmö quannö vènë 'a rëfriscatä
A uttombrë turnärrännö i märënärë,
e 'ncopp' 'A SCARPETTA (1) a mmarë,
llà cë jamm' 'a dimandà:
- Ah Fiè (2) è venutö 'u tujë,
e 'u miö quannö vènë?!...
Só' settë misë ovèrö
nun mme firë 'aspettà cchiù!...

(1) 'A SCARPETTA = Scivolo naturale, scolpito sul basalto della lava del 1794. Viene utilizzato dai valentissimi carpentieri torresi per il varo delle grosse imbarcazioni ed è ubicato in località "Portosalvo" di Torre del Greco.Eppure non si crederebbe, la scrittrice Gina Algranati colloca la "scarpetta" a.... Pozzuoli, la chiama "banchina"; poi fa durare la pesca delle alici al largo di Capo Miseno.."otto o nove mesi , con provviste a bordo dei...pescherecci...di legumi, olio, lardo, pasta e gallette" ...Ma 'a vulimme furnì!!!!...
(2)
FIE' = Abbreviazione tronca del nome femminile "Fièla" cioè Rafaèla. A quei tempi non poteva essere Lalla nè, tantomeno, Silvana, Wanda o Patrizia...

All'<<Esposizione Internazionale Marittima>> che ebbe luogo a Napoli nel 1871, il sindaco della nostra città, Beniamino Nola, ricevette dalle mani di Vittorio Emanuele II, il massimo premio che la Giuria con voto unanime volle assegnare alla città di Torre del Greco, col quale ..."s'intendeva benedire a molte generazioni di uomini forti che non dissimili dal mercante lombardo che tesseva, trafficava e combatteva, sfidarono gli ardori del sole africano, le tempeste del mare e nemici fedifraghi e crudeli".

La "Festa dei Quattro Altari" non l'hanno inventata i torresi. E' di origine spagnuola e sta a significare l'Universalità dell'Eucarestia, e i quattro altari simboleggiano i continenti conosciuti all'epoca dell'istituzione della festa. Prima che venisse celebrata a Torre del Greco, già si celebrava a Napoli fin dagli inizi del '600. I quattro altari venivano eretti al Largo del Castello e la processione con il Sacramento dell'Eucarestia, usciva dalla chiesa di S. Giacomo degli Spagnuoli. I torresi, con il loro gusto artistico, in tempi più vicini a noi, la innalzarono al rinomato sfarzo da tutti riconosciuto. Con la festa i torresi intendono ringraziare il Signore per l'indipendenza acquisita, non senza sacrifici, il 14 giugno 1699, col "Riscatto Baronale". In occasione della Mostra retrospettiva