Quando l'Italia chiede qualcosa di buono al suo popolo, l'ottiene
sempre dai "cattivi", mentre ciò che è cattivo lo riceve
dai ... "buoni". Sembra un paradosso ma è proprio così.
Nel 1799 finirono sul patibolo tutti "i cattivi" come
Nicola Fiorentino, che fu Governatore di Torre del Greco durante
il periodo della Repubblica Partenopea, Mario Pagano, Domenico Cirillo,
Eleonora Pimentel Fonseca, Ettore Carafa D'Andria e tanti altri
tra i quali Mons. Michele Natale, vescovo di Vico Equense e... San
Gennaro.
I "buoni", invece, furono dalla parte di Re Nasone e di
Maria Carolina d'Austria ed erano il cardinale Ruffo, le orde moscovite
inviate dallo zar di Russia, i turchi, i briganti calabresi e ...
S. Antonio di Padova.
Quando Garibaldi giunse a Napoli, i "buoni" luciani si
schierarono dalla parte di "Franceschiello", mentre dalla
parte di don Peppino, si schierarono la "Sangiovannara"
della Pignasecca, i guappi e tutta la mala gente <'e copp' 'e
Quartieri>.
Dopo l'annessione all'Italia del Regno delle due Sicilie,
per parecchi anni ancora, i bravi, i pii (portavano lo scapolare)
e "buoni" briganti provenienti dallo Stato Pontificio
dove si era rifugiato il Borbone, continuarono a fare strage dei
"cattivi"Bersaglieri e dei feroci "Carabinieri",
al servizio dell'usurpatore.
Ancora oggi, a sentire alcune voci, nel Referendum del 12 maggio
1974, come sempre, i "cattivi" si sarebbero schierati
contro i "buoni"e, confermando una legge già approvata
dal Parlamento, avrebbero reso un cattivo servizio all'Italia.
Ma veniamo, ora, all'altro "Referendum", a quello del
2 ottobre 1870, che sancì l'annessione di Roma all'Italia.
Anche quella volta i "cattivi" furono coloro che parlavano
di Patria unita, di libertà, di indipendenza. Infatti, secondo quanto
scrisse un certo don Margott, il 20 settembre 1870, fatidica giornata
della "Breccia", le vie di Roma erano piene di facinorosi,
di tigri assetate di sangue e di donne di mala vita.
Forse per non rinverdire queste "antiche vergogne", la
ricorrenza del primo centenario nel 1970 passò sotto silenzio. Le
celebrazioni di un avvenimento di così grande importanza storica
e sentimentale, furono limitate alla coniazione di una moneta d'argento
senza alcun significato, né pregio artistico, essendo raffigurate
sulle due metalliche facce (meno dure di certe altre), effigi che,
oltre ad essere brutte, nulla avevano a che vedere con il grandioso
avvenimento storico che ... (non) s'intendeva celebrare.
Nemmeno da parte delle amministrazioni periferiche si volle dare
quella rilevanza a quella solennità che l'evento meritava. Così
la rievocazone della più bella pagina del nostro Risorgimento non
ebbe luogo per motivo di ... "risparmio", mentre a Torino,
nel 1961, ci fu uno sperpero scandaloso di miliardi a bizeffe. E
così il 20 settembre 1970 passò sotto silenzio.
Fu in quella occasione che sul periodico torrese "IL FOGLIO",
il solito "cittadino che protesta", nel rammaricarsi per
l'apatia dei torresi, volle sottolineare l'ignoranza di tutti i
suoi concittadini, i quali non sapevano (miseri loro) che alla presa
di Roma c'era UN TORRESE A PORTA PIA.
Il cittadino che protestava, dimenticò di aggiungere che nemmeno
lui l'avrebbe saputo se non avesse tenuto in suo possesso, per vent'anni,
un registro dei verbali delle riunioni consiliari e di Giunta del
Municipio di Torre del Greco da cui aveva rilevata la notizia, ma
che si guardò bene di comunicarla alle ignoranti Autorità in tempo
utile, appunto, per poter poi, fare la "sparata". Cogliamo
l'occasione per precisare che il torrese non era a Porta Pia.
Il cittadino torrese GENNARO UBALDO, il mattino del 20 settembre
del 1870 quando una cannonata papalina gli portò via una gamba,
non era a ... Porta Pia, si trovava a...PORTA SAN GIOVANNI. Ed ecco
come si svolsero i fatti
All'alba del 19 settembre la IX Divisione, comandata dal luogotenente
generale Diego Angioletti, era accampata a Porta Furba sulla via
Tuscolana.
Facevano parte della Divisione, la Brigata Savona, il 15° e il 16°
Reggimento fanteria, il 26° e il 44° Battaglione Bersaglieri ed
ancora la IV, VII e XII Batteria del 9° Reggimento d'Artiglieria
al comando del luogotenente, colonnello Rodolfo Moreno. A quest'ultimo
raggruppamento apparteneva il cannoniere Gennaro Ubaldo di Torre
del Greco.
Il giorno 20, alle quattro del mattino gli effettivi della Divisione,
in due colonne, iniziarono la marcia di avvicinamento alla città.
All'ora stabilita le tre batterie aprirono il fuoco, indirizzando
i loro tiri sulle porte di San Giovanni che ben presto incominciarono
a sgretolarsi, mentre i papalini, ritirati i loro pezzi sul bastione
di san Giovanni in Laterano, da quella posizione favorevole, tiravano
sugli italiani. Uno di quei proiettili colpì ad una gamba il nostro
eroico cannoniere.
Verso la fine di ottobre l'Ubaldo era ancora ricoverato all'ospedale
di San Giovanni dove fu trasportato il mattino del 20 settembre.
Il suo letto era vicino a quello di un soldato svizzero di Bellinzona
e, nella comune sofferenza, i due nemici divennero ...amicissimi.
Dobbiamo purtroppo dire che la Patria fu piuttosto avara nei riguardi
del nostro bersagliere-cannoniere. Mutilato di una gamba (forse
doveva trattarsi di un piede) abbe appena una semplice ... menzione
onorevole al valor militare. Nessuno del Municipio e della Toponomastica
di Torre del Greco, in oltre cento anni, ha avuto mai l'idea di
intitolargli una via, un viale o, almeno, un vicolo.
Ed eccoci giunti, scusate, al ... "Referendum" del 2 ottobre
1870.
***
Per la raccolta dei voti, furono installate nella
città di Roma, tredici urne dislocate nelle seguenti località: Campidoglio;
Piazza di Spagna; Piazza Navona; Piazza Barberini; via dei Serpenti;
Palazzo Odelscalchi; Piazza SS. Apostoli; Piazza Colonna; Via di
Rpetta; Piazza del Biscione; Palazzo Ricci; Piazza di S. Maria in
Trastevere e infine una a Piazza di Ponte Sant' Angelo, destinata
a raccogliere i voti degli abitanti della città Leonina.
Le operazioni di voto procedettero celermente e alle ore 18,30 erano
già terminate (oggi nell'era atomica, occorrono due giorni).
Gli elettori che si recavano alle urne si portavano appresso l'intera
famiglia e, scrive Ugo Pesci, «i popolani tenendo i loro
bambini piccoli in collo si compiacevano, con pensiero patriotticamente
gentile, di far loro avere una parte all'atto solenne facendo mettere
nell'urna la scheda dalle tenere manine innocenti».
Alle ore 21, ebbe luogo la proclamazione dei risultati. Furono annunziati
al popolo dal duca di Sermoneta al quale, essendo cieco, venivano
suggeriti da un notaio.
I primi risultati comunicati furono quelli delle urne del Campidoglio
e del palazzo Odeschalchi: neppure un no in tutt'e due.
Un formidabile e lungo applauso si levò dalla marea di popolo che
gremiva la piazza del Campidoglio e la scalinata dall'Ara-Coeli.
Gli occhi di tutti erano rivolti alla acala del palazzo Senatorio
da dove il duca Sermoneta, avendo al suo fianco il generale Raffaele
Cadorna, annunziava man mano i risultati. E quando il popolo udì
che dall'urna di piazza Colonna erano usciti dodici no, si sentì
levarsi dalla folla un urlo di sdegno.
Il risultato di dodici urne fu il seguente: SI, 39.179; NO, 46 (quarantasei).
Mancavano soltanto i voti dell'urna di Ponte Sant'Angelo, dove avevano
votato tutti i dipendenti del Vaticano.
Il popolo attendeva in silenzio e con il fiato sospeso, quando il
duca annunziò il risultato della tredicesima urna: SI, 1.546; NO,
... nessuno.
Questa volta, continua a scrivere Ugo Pesci, le acclamazioni s'innalzarono
fino alla volta del cielo e si propagarono per tutte le strade vicine,
fino a piazza Venezia, fino a piazza Colonna.
Per l'annessione al Regno d'Italia,
Roma votò così: Votanti, 40.831 - SI, 40.785: NO, 46.
Nelle province votarono così: Votanti, 135.291 - SI,
133.681; NO, 1.507; Voti nulli,103.
Ed ecco, invece, come i papalini commentarono l'avvenimento.
La votazione cominciò di buon'ora; gruppi di elettori si recavano
alle urne tenendosi sottobraccio, con le schede che recavano il
Sì bene in vista sul cappello e inneggiando a Vittorio Emanuele,
a Bixio, a Cadorna, a Garibaldi. Alcune di queste bande di scalmanati
erano capeggiate da persone che non erano di Roma, come Fra' Pantaleo,
monaco rinnegato (Fra' Pantaleo, nel 1860, aveva seguito i "Mille"dalla
Sicilia a Napoli perciò era rinnegato). Chiunque lo avesse voluto
poteva andare da un seggio all'altro e votare svariate volte. La
parola d'ordine era: «Votate presto e votate spesso».
Insomma, visto dall'opposta sponda del Tevere, il "Referendum,
o il Plebiscito come lo chiamavano allora, non fu altro che ...
un'ignobile farsa.
Però ... anche quella volta furono i "cattivi" a elevare
l'Italia al rango di libera Nazione.
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