Non so se vi è mai capitato di udire gracidare
un altoparlante, sapete, di quelli impiantati su dei tricicli dal
rumore infernale, che secondo le pretese di chi lo usa dovrebbe
riprodurre, amplificandola, la voce umana. Certamente non sarete
riusciti a capire nemmeno una sillaba e soltanto alla vista di quei
traballanti veicoli e del loro carico avrete potuto poi sapere approssimativamente
di cosa si trattava. Se ciò non vi è mai capitato, ve lo dico subito:
si tratta quasi sempre di venditori ambulanti di varechina, candeggina
o altri liquidi detersivi.
Dall'accento «fiorentino» dalle desinenze e dal
timbro di voce è facile rendersi immediatamente conto della bontà
dei prodotti messi in vendita. Questi venditori ambulanti richiamano
alla mente altri loro colleghi che, negli anni passai e anche nell'immediato
dopoguerra, andavano in giro a vendere stoffa. Oggi nemmeno nei
paesi di montagna, i più sperduti, li potreste incontrare.
La mia impressione nel genere non mi consentirebbe di illustrarvi
sotto il profilo tecnico la bontà o meno di quella stoffa; altri
potrebbero illuminarvi meglio, perché io, per esempio, non riuscirò
mai a capire e quindi a descrivere un tipo di stoffa di importazione,
che oggi esiste ed è chiamato «stoffa del presidente»
e precisamente degli Stati Uniti, dal quale detta «stoffa»
proviene.
L'ho appreso (non è mai troppo tardi) da un foglietto, inutile
citarlo, e non mi sono convinto di quale stoffa si tratti né con
quale materia essa sia stata fabbricata, data la descrizione poco
convincente. Ho pensato però, che trattandosi di stoffa di importazione
americana, potrebbe essere stoffa facilmente reperibile al mercato
di Resina:
Cca ogni tanto 'a sparano 'na palla!
Or se ne sono accorti immantinente
ca 'nce stà pure 'a «stoffa 'e presidente»
'Ncoppa Resina 'e asciuta 'a int' 'a 'na balla:
E' 'na giachetta vecchia di Trumanne.
Ih, quante so pesante mamma mà!
Ma chisti violiniste chi 'nce mmanne?!...
Non porgiamo l'orecchio a queste sviolinate che danneggiano il suonatore
e chi riceve la serenata. Tendiamo invece le orecchie al venditore
di stoffa, di quella senza virgolette e senza presidente, perché
da lui dobbiamo passare poi all'argomento da trattare cioè del femminismo
e del «femminellismo».
E' bene precisare che le mie divagazioni fuori tema non sono volute
a caso. Anche il direttore, in redazione, mi dice che io lancio
sempre la «palla fuori campo», però lui sa benissimo
che la lanciò a bella posta ed il motivo c'è sempre.
Vedete, anche per questa precisazione, è uscita la «palla
fuori campo». Infatti vedo... il segnalinee agitare la bandierina;
perciò faccio subito la ... rimessa laterale.
Venivano con le «charrettes»
dai paesi vicini, principalmente da quelli ad Est del Vesuvio. Stendevano
per terra un grosso panno coloro vinaccia, quasi sempre stracciato,
ed in silenzio disponevano con un certo ordine i capi di biancheria
e le pezze di stoffa, sotto lo sguardo curioso dei bambini che accorrevano
disponendosi intorno, attratti più dai colori (e che colori) che
dalla curiosità. Quando il venditore stava per ultimare l'esposizione
della merce, con qualche colpetto di tosse, si raschiava la gola
indi con un vocione, al paragone del quale le urla di Polifeno,
quando Ulisse lo accecò, erano dei dolci gorgheggi di Toti Dal Monte
o di Maria Callas, dava inizio alla vendita.
Esordiva quasi sempre col far capire che le necessità economiche
lo costringevano a svendere quella roba che né «Frette»
né «Bassetti» avevano mai visto passa nei loro negozi.
E senza tema di smentita quella era l'unica verità, perché in fatto
di qualità e di colori soprattutto, erano semplicemente orribili.
Dopo aver decantato e mostrato un lenzuolo, visto che la donna accorsa,
dopo averlo palpato, faceva segni di diniego col capo, nel rimetterlo
a posto, esclamava: - Non lo vuolo!... Se invece era una coperta
e quindi un nome femminile esclamava invece: - Non la vuola!...
- La sarabanda dei colori e dei disegni erano le stoffe per indumenti
femminili, che, una volta, venivano chiamati «cammesielli»
o «mantesini»: cerchietti, quadrettini, fiorellini,
pallini, righettini, dai colori più stridenti dal gusto più pacchiano,
che naturalmente rimanevano al povero venditore il quale raccoltili
e impacchettati, toglieva il mercato.
Nessuno acquistava più quella roba che chissà in quale remota epoca
era stata tessuta.
Ora con una «cannonata» degna di Levratto (poi dicono
che io non sono competente di pallone!) lancio di nuovo la palla
fuori campo ed in attesa di rimetterla in gioco, faccio un salto
indietro, nel tempo naturalmente.
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Non conosco con precisione né
me la sento di approfondirmi, l'epoca nella quale ebbe inizio la
battaglia dell'emancipazione della donna. Il «movimento»
incominciò a prendere una certa consistenza nel diciottesimo secolo,
cioè nel 1700. Le donne francesi e le suffragette inglesi e americane
furono le «pioniere».
In Italia solo alla fine del secondo conflitto mondiale la donna,
ebbe il diritto al voto e via via fino alla recente sentenza della
Corte Costituzionale, ha ottenuto la parità completa. Quando si
dice completa, è completa!...
La contestazione attuale è una starnazzare di oche o di galline
al cospetto delle manifestazioni violente alle quali si abbandonava
il sesso, così detto debole all'epoca della cruenta lotta.
I clubs femministe sorgevano un po' dovunque in Francia durante
e dopo la Rivoluzione; eppure solo un secolo e mezzo dopo, Leon
Blum, con la costituzione del Fronte Popolare, chiamò alla carica
di Ministro tre donne senza neppure che queste fossero state elette.
Fra queste c'era la figlia di Madame Marie Curie quella che assieme
al marito scoperse il radium.
La questione era dibattutissima e l'opinione pubblica era divisa
in due grossi schieramenti: il femminista, che era formato dalle
donne, e l'antifemminista, che era formato dagli uomini.
I giornali umoristici, che sono sempre stati i giornali più seri
(oggi in Italia non esistono), trattavano l'argomento con battute
e vignette, sfruttando l'inesauribile miniera dai suoi molteplici
aspetti.
Eccone una, una soltanto, eh!: la vignetta rappresenta una conferenziera,
una bella e graziosa signorina che si batte per la parità: A un
certo punto del suo dire esclama: - Vi è tra l'uomo e la donna una
così piccola differenza, che non vale neppure la pena di parlarne.
Un giovanotto tra il pubblico la interrompe dicendo: - Tutt'altro,
parliamone, parliamone signorina!
Vorreste sentirne delle altre? Sarà per un'altra volta.
Fin qui nulla di male. Voi sapete come vanno a finire certe cose:
si sa da dove si comincia, ma non si sa dove si finisce.
Ora la parità sembra che sia seriamente minacciata a danno degli
uomini e questo è ancora più grave del femminismo perché stiamo
fatalmente passando al «femminellismo».
L'argomento scabroso non ci consente di citare nomi e fatti, ma
si può dire con una certa sicurezza che mai come in quest'epoca
se ne vedono... tante.
Nei paesi scandinavi stanno sorgendo clubs maschili ed in Isvezia
esiste uan Associazione Nazionale per la protezione degli uomini
i quali, checché ne dicano gli ammiratori di quella civiltà, stanno
veramente in cattive acque. Basti dire che, se c'è l'automobile,
è sempre a disposizione della moglie, mentre il marito bada alle
faccende di cucina e di casa, e che a fine settimana, se non c'è
nulla da rassettare, da pulire o da lucidare, la... «marita»,
se non è impegnata con altre persone o in affari, permette che il
«moglio» si siede magari nel bagagliaio della
macchina per una gitarella pomeridiana di breve durata, tanto non
c'è tempo da perdere. Gli svedesi, così amorfi nell'accendersi,
hanno coniato lo slogan: «Pellecchielli di tutto il Mondo,
unitevi!»
Ma ecco che la palla rientra in campo e riprendiamo il giuoco, pardon,
riprendiamo a parlare di quelle orribili stoffe che i venditori
ambulanti cercavano inutilmente di vendere perché nessuno le voleva
neanche gratuitamente.
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Quegli straccetti per «cammesielli»
e «mantesini» usati una volta dalle donne sono tornate
in auge, pardon, di moda, cioè «si portano», da quando
i componenti di un quartetto musicale inglese attirarono l'attenzione
del mondo intero sui loro capelli ed il modo di vestire più che
per la loro musica.
Ebbene quelle orribili stoffe sono tornate, non sul pubblico selciato,
venduti dagli ambulanti, ma nelle raffinate «boutiques»
di abbigliamento... maschile.
Se è pur vero che l'abito non fa il monaco e la veste o gli indumenti
femminili non fanno la donna, qualcosa deve pure accadere perché
è proprio da quando si è imposto questo strano modo di vestire che
le cose sono cominciate ad andar male ed il «crescendo rossiniano»
non accenna a diminuire.
I pochi furbi esistenti al mondo sanno di poter contare sempre su
miliardi di esseri, purtroppo umani, pronti a seguirli a idolatrarli
e a farli diventare ricchi.
Le creatrici ed i creatori di moda che anch'essi fanno parte dei
pochi furbi e sono quelli che dovrebbero inventare qualcosa mai
esistita, non hanno creato invece nulla, perché in realtà non esiste
in tutte le moderne creazioni nulla di veramente originale e se
essi prima potevano trovare una certa resistenza nel pubblico il
quale li avrebbe seguiti fino ad un certo limite, oggi furbi sanno
che qualunque follia oggi può rientrare benissimo nella «normalità»
dato il gusto facile. Se qualcosa di nuovo hanno creato è una psicosi
degradante e pericolosa in ambo i sessi.
Il mondo è diventato un immenso studio cinematografico e non c'è
da meravigliarsi se camminando potresti imbatterti in Enrico VIII
e Anna Bolena o incontrarvi con Lorenzo de' Medici detto il «Magnifico».
E questa volta il magnifico c'è davvero: il magnifico cretino!..
Allora il dubbio va facendosi certezza! L'abito vero e proprio agisce
sull'abito mentale?
Basta citare un caso che vale per tutti.
A Varese nei giorni scorsi un «capellone» ha strappato
dalle mani del sacerdote officiante L'Ostia consacrata e l'ha inghiottita
dopo averla prima tenuta in tasca per un po' di tempo.
L'imbecille oltre al sacrilegio non ha fatto niente di originale
perché un inglese fece la stessa cosa nella Basilica di S. Pietro
il 29 luglio 1581.
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Essere originali non vuol dire
essere ridicoli e soprattutto non si è originali quando si segue
ciecamente i dettami dei pochi furbi, che sfociano poi nella più
diffusa popolarità pacchiana e di pessimo gusto. Allora più che
conformismo è incretinimento collettivo.
Prendiamo un esempio gli stivali che hanno trasformato le donne
in tante domatrici da circhi equestri di infimo ordine, mentre esse
fin dal tempo di mamma Eva, hanno domato gli uomini con la loro
grazia e la loro femminilità, non con gli stivali: manca soltanto
la ... frusta.
E' chiaro che la forma geografica dell'Italia ha influito maleficamente
sulla mentalità del sesso una volta debole.
Gli Italiani
sempre conformisti
nel millenovecentoventidue
con la fluente barba di Bombacci
pulivan gli stivali dei fascisti.
Or nell' esasperante modernismo
in questa civiltade dei consumi
si invertono i valori naturali
e nasce virulenta il femminismo.
Non sono gli stival d'avanguardisti
quelli che oggi invadono la via
son quelli delle donne «emancipate»
che piaccion solamente ai masochisti.
E se la donna continua a mascolinizzarsi si potrebbe
verificare addirittura che:
I poli della pila di quel
Volta
contengon tutt'e due elettricità
e sono il positivo e il negativo.
Se uniformando le mentalità,
l'atteggiamento, il modo di vestire
abbiam la femminil-maschilità.
E se qualche romantico - che allocco! -
avvien che pur essendo bocca a bocca
con chi fa strage delle sigarette,
succhiandosi il fetore del tabacco,
essendo i poli uguali fra di loro,
l'elettrica scintilla più non scocca.
Raffaele Raimondo
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