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Tratto dal n° 4
de LA TORRE -
16 marzo 1967
 
 
 
 
Sembran favole...
 

di RAFFAELE RAIMONDO

C'era una volta un bambino irrequieto e testardo. Egli era tanto carino, che si faceva perdonare ogni sorte di monellerie.
Per farlo stare buono, un giorno in cui era più insopportabile del solito, il nonno gli promise che lo avrebbe fatto vedere il mare.
Il bambino, anche se era nato e stava crescendo in una città sulla più bella costiera del mondo, non aveva mai visto il mare. I cittadini di quella città, che pur conoscevano tutti i mari del mondo, non vedevano più il «loro» mare. Eppure il mare l'avevano in casa. La città era adagiata sui fianchi di un monte e, per essere precisi, quel monte era un vulcano. Il pendio era alquanto ripido, ma il mare non si vedeva. Qualche vecchio lo ricordava ancora. Era di un azzurro meraviglioso come nessun altro mare e, quando il sole lo abbracciava, diventava tutto di pagliuzze dorate.
Non c'erano in quella città di mare palazzi antichi, perché più volte la città era stata distrutta dal vulcano traditore. Si potevano vedere però degli edifici settecenteschi, pochini in verità, e tanto mare , tanto sole, tanto cielo. Quei pochi palazzi, anche se non erano tanto antichi, erano stati abbattuti e, proprio come suol dirsi, piangevano perfino le pietre, quelle pietre che non servivano più ed erano buttate via, perchè c'era il cemento a sostituirle.
Cimase, cornicioni, balaustre, fregi di discreta qualità artistica rovinano sotto i colpi dei martelli pneumatici e delle scavatrici.. Al posto di quei palazzi e di quelle ville erano sorti enormi casermoni «dall'architettura da quattro soldi» (la definizione è dello scrittore Domenico Rea).
C'era una strada che veniva chiamata «Miglio d'oro!». L'avevano trasformata in «chilometri di latta arrugginita» con il beneplacito della Commissione edilizia locale e della Sovrintendenza ai Monumenti.
Bastava rinvenire una palla di sterco pietrificata, che i soloni che sovrintendevamo si precipitavano a studiare se fosse una pietra, un pezzo di sughero o se fosse la conseguenza della paura di qualche vice-console romano in fuga durante l'eruzione del 79 d.C.
Per evitare le brutture e l'assassinio di quella ex meravigliosa città, invece, non si muovevano, non alzavano un dito, occupati come erano a sovrintendere a cose tanto più alte. Non avevano voluto, nè saputo fare adattare il cemento all'architettura locale ed i fabbricati erano venuti su brutti, altissimi e maledettamente uguali, degni di stare nelle più fumose e grigie città nordiche.
I progetti erano ricavati da opuscoli e cataloghi che non avevano nulla a che vedere con l'architettura e il colore locale. I rimanenti edifici, quelli che erano ancora «all'erta», traballavano perchè si sentivano mancare la roccia.... «sotto i piedi».
Ogni tanto transennavano le strade, le chiudevano al traffico e con il naso su qualche crepa verificatasi in qualche edificio, magari anche nuovo, gli amministratori e i tecnici si domandavano: «ma come è successo?» E non alzavano gli occhi da quella fessura e non guardavano intorno che cosa stava succedendo.
In quella città accade infine che era buio anche di giorno.
Quel bambino irrequieto non si contentò più di andare a vedere il mare e chiese al nonno: «Nonno, quando mi porterai a vedere il cielo?».

C'era una volta un'attrice. Come tutte le attrici era bella, aveva avuto parecchi mariti e tanto, tanto danaro!
Tante cose sono consentite a questo mondo, ma esistono cose che nessuno può pretendere, e fra le altre queste due: quella di non morire e quella di portare con sè nell'altro mondo le gioie e i beni che si sono posseduti nella vita terrena.
Anche se si è attrice bella e ricca, si muore ed infatti la nostra bella e brava attrice morì Non avendo potuto evitare la morte, cercò di rimediare in parte e si fece inumare ingioiellata, portando con sè nella tomba almeno qualche cosa di quello che aveva posseduto nella vita.
Tra i gioielli figuravano una collana ornata con un diamante infilato ad un dito della mano destra ed altri ancora. All'atto della sepoltura, il fatto fu messo in grande rilievo dalla stampa ed il valore dei gioielli si faceva ascendere intorno ai cento milioni di lire.
Una quindicina di giorni dopo scoprirono che la lastra di marmo della tomba era stata rimossa. Dei gioielli naturalmente non trovarono nessuna traccia.
I ladri nello svolgimento del loro «lavoro» avevano coperto il volto dell'attrice con un foglio di giornale. Notate che delicata sensibilità! E dicono che i ladri sono senza cuore... In questo caso oltre ad avere il loro cuore erano venuti in possesso anche... di un cuore di diamante di dodici carati.
Furono però «truffati» i poveri ladri, perchè il valore effettivo dei gioielli, diversamente da come era stato riportato dalla stampa, era soltanto di venticinque milioni e pare che i gioielli fossero addirittura una copia di quelli veri.

C'era una volta... ma che c'era una volta!!!
Questa storia è recente, è roba di pochi giorni fa.
Nella città di Hyderabad, centotrenta chilometri circa a nord-este di Karachi nel Pakistan, il 24 febbraio u.s. è morto nel suo favoloso palazzo il Nizam dell'Hyderabad. La sua fortuna ammontava a 2.000.000.000.000 (duemila miliardi) di lire. (Proto attento agli zeri, sono dodici!). Se il Nizam avesse voluto fare come ha fatto l'attrice, avrebbe dovuto farsi seppellire nella Piramide di Cheope.
Non erano tutti in contanti, si intende, il malloppo era suddiviso nel modo seguente: 300.000.000.000 (trecento miliardi) di lire in lingotti d'oro; 1.300.000.000.000 (milletrecento miliardi) di lire in gioielli; gli altri 400.000.000.000 (quattrocento miliardi) di lire in sciocchezzuole varie.
Possedeva tante perle naturali, che con queste - addo' stanne? voglio dire con quelle - si potrebbe pavimentare una piazza quadrata di circa novanta metri di lato (fate il conto quante perle protrebbero entrare in un area di 8.100 mq.).
E' morto all'età di ottanta anni, con una banale influenza, naturalmente... asiatica.
Mi viene da ridere quando sento dire che Bacco, tabacco e Venere riducono l'uomo in cenere.
S. A. S. (Sua Altezza Sublime) il Nizam nella vita non ha tralasciato nessuna delle tre cose, specialmente l'ultima. Basta pensare che ossequiente alla religione islamica, egli aveva solamente quattro mogli... (un momento! non è ancora finito...) e ad esse si accompagnavano quarantadue concubine e... trecentoventisette odalische.
Morendo ha lasciato trecentosettantatre vedovelle inconsolabili e lo piangono quattrocentotrentotto figli...
...Par di sentire ancora gli altoparlanti, installati sulle macchine e sugli autocarri, gracidare per le vie della città: - Cittadini, date danaro, indumenti, medicinali ai fratelli indiani che muiono di fame!...
Fate presto, se no non arriveremo in tempo!...
Arrivammo in tempo? Non si è mai saputo. Si è saputo, invece, che gli aiuti non furono nè sollecitati nè graditi.