Fino alla sera del 3 marzo 1969 dell'Era Volgare,
7477 dalla Creazione del mondo, 5739 dell'Era ebraica, 2722 dalla
fondazione di Roma, mai si erano visti degli uomini, dare uno spettacolo
più desolante e sconcertante.
Bisogna incominciare a preoccuparsi veramente per l'avvenire della
nostra sventurata città e non solo per la nostra città perché il
costume instaurato in nome della politica è una cancrena che ormai
sta investendo l'Italia tutta.
La congiura dei baroni ai danni di Ferrante I d'Aragone e da questi
poi repressa nella maniera più feroce, se si eccettua il sangue
versato, diventa una comica di Max Sennet o di Ridolini al confronto
al dramma politico-amministrativo per il quale chi ne fa le spese
è solo Torre del Greco, questa popolosissima, laboriosissima e pazientissima
città, che invece di essere avviata verso un progresso, magari lento
ma sicuro, è stata scaraventata per una china dalla quale non risalirà
più, a meno che non accada qualcosa di radicalmente nuovo.
Vorrei conoscere a tal proposito il parere del signore il quale
dice che noi de «La Torre» avevamo il pallino.
Alcuni parlano di democrazia e di cristianità ma io ricordo sempre
le parole di Amerigo Crispi (e qui non ci occorre avvocato, dottor
o onorevole perché il solo nome è tutto) io ricordo, dicevo, quel
leone quando nella sua foga oratoria, dal balcone di Piazza S. Croce,
puntando il dito verso un gruppetto ben identificabile esclamò:
«Quelli non sono né democratici né cristiani...».
Ve lo dimostro subito con un loro documento:
Da l'anemico giallognolo foglietto politico d'informazione del 30-1-1969
arretrato Lire 120 (io l'ho pagato 60 perché sollecito ad
acquistarlo appena appare in edicola) trascriviamo:
«Importanti, al fine di un esatto quadro della situazione,
risultano alcune considerazioni: domenica 26 gennaio -
è sempre il redattore della Ginestra che parla - nel corso di
una riunione napoletana alla presenza del segretario provinciale
della D.C. prof. Antonio Gava, il gruppo consiliare della D.C. votò
per la designazione del candidato al seggio sindacale».
«Ambi le parti si impegnarono a rispettare i risultati dell'urna.
I risultati designarono Accardo sindaco con 11 voti, 2 schede bianche,
un Franco Palomba, 7 avv. Magliulo».
Il foglietto si lamenta poi che al Consiglio Comunale le cose
andarono diversamente.
Noi vorremmo sapere per prima: ambo le parti chi sono?! ...
Non erano tutti D.C.?
Poi vorremmo sapere perché si pretende che venga rispettato il risultato
di un'urna che contiene 21 miserevoli voti che democraticamente
valgono certamente meno delle migliaia di voti preferenziali espressi
dai cittadini di Torre del Greco e che il «Federale»
ed i suoi accoliti avevano il dovere di rispettare.
Un esempio che vale per tutti è il seguente: Il grande sindaco Nicola
Amore, passato alla storia come il più grande benefattore di Napoli
(dotò la città di fognature, costruì la Galleria Umberto I, fece
il piano regolatore del Vomero, dell'Arenella, di Materdei del rione
Ottocalli, sistemò il rione S. Lucia come si vede oggi, costruì
l'Ospedale per le malattie infettive, abolì nei cimiteri le fosse
carnale (le fossi comune) concedendo ai poveri la religione delle
tombe, fece istallare per tutta Napoli le tubazioni dell'acqua del
Serino, portò l'illuminazione a gas nella più lontana periferia,
illuminò via Toledo sfarzosamente, nacquero dallo sventramento dei
rioni malsani il rettifilo e la stazione ferroviaria, ecc.).
Cadde per opera dei D.C. di allora che gli votarono contro trovando
il pretesto che il sindaco aveva fatto sgomberare il monastero della
Sapienza facendo sloggiare poche e vecchie monache.
Nicola Amore non fu più sindaco dopo aver fatto tanto per la città
di Napoli.
Oggi dopo non aver fatto niente o peggio, si pretende di fare o
designare il sindaco.
Ecco perché non sono democratici.
Sono amanti del potere, gridano per arrivare a conquistarlo
e a mantenerlo e non sentono per contropartita alcuna responsabilità
verso chicchessia. La modestia è la loro più terribile nemica. Essi
non hanno letto (peggio ancora se hanno letto e no hanno tratto
nessun insegnamento) la storia del Conclave che portò all'elezione
di San Pio X (papa Sarto).
Man mano che i voti affluivano sul suo nome egli che gli stava vicino
supplicava:
- Sono indegno, sono incapace, dimenticatemi. - Il cardinale americano
Gibbons dovette scuoterlo, quasi ad usargli violenza.
Quando il decano del Sacro Collegio gli rivolse la domanda «Accetti
l'elezione che ti designa canonicamente Sommo Pontefice»?
vi fu un momento di attesa che sembrò un'eternità.
Giuseppe Sarti era chino, col viso sul pavimento, in profonda preghiera.
Quando si levò con il viso solcato dalle lacrime disse con la più
profonda umiltà: - Perché non appaia recalcitrante alla Divina Volontà;
perché non sembri che mi sottragga all' ònere che deve pesare
sulle mie spalle; perché non si possa dire che non abbia apprezzato
al giusto valore i voti dei miei colleghi, malgrado la mia indegnità,
di cui ho sentimento profondo, accetto:
Ecco perché non sono cristiani.
Raf. Rai.
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P.S. - Volevo fare il solito pezzo satirico, scherzoso, non
ne ho avuto il coraggio.
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