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Tratto dal n° 23
de LA TORRE
23 Luglio 1968
 
 
Il metro questo sconosciuto
 
Canzonature in giro
 

articolo «impopolare» di RAFFAELE RAIMONDO

Tutti sappiamo che il metro è la quarantamilionesima parte del meridiano terrestre, che è la misura base di gran parte dei paesi del mondo e che con esso vengono misurate le enormi distanze del cosmo, accoppiato alla velocità della luce che si propaga alla bazzecola di 300.000 chilometri al secondo.
Insomma misuriamo tutto, con precisione o quasi, ma non ancora abbiamo i mezzi per misurare l'imbecillità perniciosa e dilagante fabbricata in vitro - anzi in video e audio - e inoculata a dosi urto dalla stampa periodica e purtroppo anche da parte dei giornali...seri.
Il senso della misura non esiste davvero più? E' un fenomeno attuale o si è verificato altre volte?
La differenza fra il passato ed il presente è che oggi esistono potentissimi mezzi di diffusione, penetrazione e mantenimento dello stato di cose che ormai dovrebbero incominciare a preoccupare.
Quanto sto scrivendo è impopolare. Impopolare significa non gradito al popolo. Scrivendo cose non gradite al popolo si rischia... l'impopolarità. Essere impopolare, molti credono che significhi non essere democratici ed invece è tutt'altra cosa.
Non più di una trentina di anni fa erano proprio i democratici a cercare di far capire alle masse che «quello» non era l'uomo mandato da Dio; che Iddio aveva già mandato il Figliuolo circa duemila anni prima. Il minimo che potesse capitare a quei pochissimi «impopolari» di allora era di essere tacciati di antitaliani, zoticoni e sovversivi e, poiché abbiamo parlato del Figliuolo di Dio, possiamo aggiungere che quando il popolo chiese a gran voce la liberazione di Barabba e la crocifissione del Nazareno, Ponzio Pilato, per timore di rendersi impopolare...si lavò le mani.
Oggi i responsabili tutti «si lavano le mani», ed è più che naturale, data la ossessionante pubblicità radiofonica e televisiva degli infiniti prodotti detersivi. A questo punto, rileggendo quello che io ho già scritto mi accorgo che, seguendo argomenti troppo alti, ho smarrito...il senso della misura nel citare avvenimenti e fatti smisuratamente sproporzionati a quelli che ho intenzione di esporre.
Faccio il «punto» e rientro subito in argomento.

I FABBRICANTI DI IDOLI
A Recoaro - Terme (Vicenza) si è concluso il «Cantagiro» che sarebbe più opportuno chiamare «Canzonature in giro». Uno stucchevole indirizzo di gratitudine letto dallo Alighieri Nazionale ( non è quello che disse: «Uomini siate e non pecore matte») al «patron» che, bontà sua, pensa e veglia sui destini canzonettistici e canzonatori della Patria e dell'Europa.
Sono state scambiate coppe, medaglie, targhe, (d'oro, naturalmente), oro scavato dalla miniera inesauribile dei fessi, fra una marea di folla gridante ed osannante, con uno sventolio di fazzoletti che faceva somigliare la scena, alla chiusura di un Anno Santo o ad un raduno di fedeli sulla spianata di Fatima in attesa di un'altra apparizione della Vergine o ad una di quelle oceaniche adunate di non fausta memoria.
A fatto compiuto, in attesa del «CantaEuropa», mentre i fans custodiscono gelosamente gli autografi dei «divi» e dei «reucci», strappati con tanta fatica ed emozione, il patron, i bigs ed altri interessati, palesi o celati, contano altri autografi meno romantici, però di maggiore valore: quelli di Guido Carli sulla variopinta carta filigranata fornita dal Poligrafico dello Stato alla Banca d'Italia.
Il senso della misura e soprattutto il senso del ridicolo sono scomparsi dalla mente umana dopo il lavaggio del cervello operato da pochi furbi con potenti detersivi quali il divismo, il fanatismo ed il cosiddetto «hobby». L'arte di far danaro per certe persone è innata.
L'inflazione degli idoli nel campo dello sport e della musica leggera (ormai diventata «pesante») è arrivata ad un eccesso tale da far perdere la pazienza a chicchessia, perfino a Giobbe.. Del resto capitò anche a Mosè. (Quanti personaggi biblici! Non à forse la Bibbia maestra di vita?). Appena si allontanò per qualche giorno, per recarsi sul Sinai a rapporto con l'Onnipotente, al suo ritorno trovò il popolo d'Israele che adorava un vitello d'oro. I costruttori di quel vitello dovevano essere gli antenati dei nostri organizzatori pseudolirici e potete stare sicuri che non lo fecero certo disinteressatamente.
Capitò anche ai Romani, quegli antichi naturalmente, quando, raggiunta la grandezza imperiale, si dettero alla civiltà dei consumi...: un giorno lavoravano e due giorni facevano festa, trascorrendoli negli stadi, nei circhi, negli anfiteatri, suonando e cantando e applaudente gli Antoine e i bigs del tempo.
Poi fecero la fine che tutti sappiamo.

ARTE E MONDANITA'
Chi avesse letto il 28 giugno sul quotidiano più antico di Napoli: «Torre del Greco alla ribalta per l'arrivo del Cantagiro», (titolo di tre colonne) avrebbe certamente capito che si trattava di una inserzione a pagamento. L'articolista parlava di eccezionale boom organizzativo atto a creare presupposti del rilancio turistico di Torre e precisava che esso era dovuto ad un mecenate del luogo, pensoso dei destini turistici ed artistico-culturali di Torre del Greco. Definiva l'avvenimento un grosso boom artistico e mondano e, dato che la parola boom ricorreva spesso nello articolo, vorrei aggiungere un altro boom col significato di esplosione alla napoletana: quell'avvenimento fu infatti esplosione di non fine gusto artistico; riguardo al mondano, poi, meglio sarebbe stato organizzarlo a quota 800 sul livello del mare e chiamarlo «montano».
Non è arte, né mondanità mettere in ridicolo attraverso una parodia di pessimo gusto persino la preghiera del Santo Rosario da parte dell'Alighiero nazionale, con la partecipazione straordinaria di un coro di 12.000 elementi che rispondeva alle scemenze con la parola «amen».
L'articolista prevedeva anche qualche svenimento intorno alle «macchine» da parte di qualche gagarella affetta da televisionite galoppante, ma nemmeno questo c'è stato perché anche gli svenimenti erano falsi.

I COMITATI
La maggior parte dei componenti il Comitato per la «canzonatura in giro» faceva anche parte del Comitato per la Festa dei Quattro Altari. Di quest'ultimo, però, disertava le riunioni: maggior merito avrebbe ricavato mettendosi in vista nella prima manifestazione, ma soprattutto maggior utile, perché di immenso richiamo. Già, perché tutto si fa ormai solo in vista della mèta definitiva da raggiungere e cioè la carica politica, da cui trarre benessere e potere. Senza contare quelli che avendola raggiunta, la vogliono tramandare addirittura ai figli. Se potessero anch'essi organizzare un «festival», chissà che qualche cantautore figlio di papà non si affretterebbe a farsi alla ribalta per cantare così:

 

Al Senato va papà
Alla Camera vo io
In Provincia va mamma
al Comune va lo zio.
E per fortuna mia
in Regione andrà la zia
Tutto questo ben di Dio
è l'attuale democrazia.

LA TELEVISIONE
La cosa veramente preoccupante è con quanta facilità la gente va in brodo di giunggiole nell'assistere ai più insulsi (e cretini) spettacoli televisivi. Con quanta puntualità ed ansietà ha ancora il coraggio di sedersi davanti al teleschermo che sarebbe più opportuno chiamare «telescherno». E' da quel quadro luminoso che i furbi prendono in (canta)giro e beffano i teleutenti sotto l'etichetta di quiz più astrusi che culturali, dove è sempre di base l'ossessionante canzone e dove gli applausi (comandati) sono fatti di urla isteriche e dimenamenti scomposti non atti certo a diffondere un comportamento civile. Tutti i protestatari barbuti, pseudo-artisti e pseudo culturali sono figli della televisione.

La televisione, questa «rancascia» con urla, scompostezze e così via
spinge la gioventù alla follia
poi vuol moralizzar con Ugo Sciascia

E' MAFIA O PEGGIO?
Tutti questi festivals, tutti questi programmi studiati e messi su con i più vari ingredienti, con classifiche e votazioni, puzzano troppo di bruciato. Durante l'ultima campagna elettorale abbiamo visto candidati che si appellavano ai giovani, fare affidamento su di essi, promettendo loro proteste, canzoni e pallone. Così hanno pensato alcuni pezzi grossi locali, non di statura, che ad un evento storico della loro città hanno preferito il palcoscenico per distribuire coppe e ricordini a protagonisti ed organizzatori disertando la cerimonia dello scoprimento degli altari. La cosa più grave, che li qualifica non democratici, è la loro assenza totale dalla processione Eucaristica.
Gli assenti ex e non ex capoccia vogliono l'urlo della folla, vogliono le fascie tricolori, vogliono la prima fila, vogliono insomma l'autorità e il potere, vogliono gli inchini e i salamelecchi. Non hanno imparato e non impareranno mai ad essere anche dei semplici cittadini e soprattutto essere torresi.

QUALCUNO SI MUOVE
Ma ritornando alle canzoni in giro apprendiamo, vivaddio, che qualche cosa o qualcuno si muove.
La carovana dei cantagirini (ed il titolo è appropriato perché i «girini» sono le rane non ancora giunte alla completa metamorfosi e quando cantano gracidano) è stata accolta alle porte di Perugia da un massiccio bombardamento di pomodori (come natura crea). Dicono che tra i pomodori sia volata anche qualche pietra. Evidentemente si trattava di un gruppo di conservatori (non di pomodori) ma di quel senso della misura che necessariamente deve essere ripristinato.
Apriti cielo! Il patron è andato sulle furie, ha minacciato denunce contro ignoti e su questo gli diamo ragione perché il bombardamento doveva essere effettuato durante lo spettacolo e non sulla strada e di notte. Comunque i bombardieri meritano le attenuanti generiche. Il patron li ha definiti squadristi. E già! Con il clima di eterna resistenza ciò fa comodo. Egli ha aggiunto «chi non ama i cantanti e le canzonette se ne stia a casa tranquillo e usi i pomodori per fare il sugo». E' una parola! Come si fa a stare a casa propria a vedere entrare tutte le sere il patron con il suo seguito a tediarci l'anima?
Lungo tutto il percorso si sono visti cartelli invitanti il patron a smetterla e fra i tanti uno recava la scritta:
«Radelli tu hai ucciso la cultura». Non è vero. Chi ha interesse per la cultura non sa nemmeno che al mondo esistono Randelli e il suo Cantagiro. Questo signore «che ci sa fare» non è un fesso e non ha ucciso niente. La cultura l'hanno uccisa Cino Del Duca, Rizzoli, i premi letterari e prima di tutti la Televisione e la stampa in genere. Perfino la «Domenica del Corriere» con un articolo a firma di Luigi Cavicchioli, in forma larvata, (il trucco c'è ma non si vede), spezza una lancia a favore del «patron» e della sua manifestazione definendola «innocua» e, come tutti gli articolo osannanti tale genere di manifestazioni, è anche questa un'inserzione a pagamento.

LA «REGINA» SPODESTATA
Mentre concludo queste note è in corso la trasmissione radiofonica e televisiva di un ennesimo festival: quello della canzone napoletana. E' stato organizzato da ben due Enti dei quali uno si intitola al nome glorioso di Salvatore Di Giacomo. Fra lettere minatorie e schiaffi ancora una volta si è dato lo spettacolo nello spettacolo. Incidenti forse provocati ad arte da elementi interessati e probabilmente non partenopei, per mettere in cattiva luce Napoli e i napoletani.
Quando Ernesto Murolo ed Ernesto Tagliaferri si recarono insieme a San Remo in quel remoto 1932 non pensavano neppure lontanamente che un giorno Napoli, la regina delle canzoni e del folklore, calamita dei turisti di tutto il mondo, la sirena del bel canto, sarebbe stata degradata proprio da quelli che la volevano scimmiottarla.
Piedigrotta che fino a qualche anno fa era la più grande manifestazione canora e folkloristica del mondo è stata boicottata. Si è voluto dare importanza a questi festivals che sotto l'etichetta di concorso-premio, graduatorie ecc. ecc. non hanno alcuna attrattiva e non interessano i turisti di levatura internazionale. I vari enti preposti pare abbiano avuto l'ordine di russare e, se fanno qualche tentativo di organizzazione, lo fanno tanto male da trasformare questa esplosiva e dinamica manifestazione popolare in qualche cosa come la commemorazione dei defunti e «a festa e l'archetiello». Hanno fatto di Napoli, che fino a pochi anni orsono conservava ancora l'aspetto di una capitale, un grosso comatoso paese.
Oggi tutto quello che è schiettamente popolare non è gradito nemmeno dal popolo perché gli hanno dato a bere che certe cose non si usano più. Niente di più falso!
Mantenere e rispettare le tradizioni non è contrario al progresso. Queste tradizioni potrebbero per un attimo far sorridere; esse sono invece la pietra di paragone, anzi sono le pietre miliari del tempo, della storia, della vita stessa. Mantenerle è rivivere con i nostri antenati, è soprattutto rispetto per essi. Abolendole è come voler distruggere i musei, le città antiche, gli archivi, le pinacoteche ecc. ecc..
Ed anche in questo si troverà sempre l'imbecille che preso dal cosiddetto «modernismo» dirà: «Ma, sì, che ci stanno a fare?