Nei giorni
scorsi, ho veduto una scadente riproduzione di un vecchio manifesto
pubblicitario del 1917 tanto caro e tanto tenace nei ricordi della
mia infanzia.
La riproduzione è stata affissa a cura di un movimento politico,
il quale prendendo lo spunto da questo autunno, cosiddetto caldo
a causa degli scioperi e dei disordini sempre più dilaganti, ed
interpretando, a modo suo, gli avvenimenti, vuole farci sapere che:
«Il nemico è in casa». Infatti queste sono le parole
che appaiono sul manifesto.
Temo però, che il suddetto movimento politico nell'adottare quella
vignetta per avvertirci che «il nemico è in casa», abbia
commesso un errore e cioè ha parlato di corda in casa dell'impiccato.
Se non erro, furono proprio i personaggi ai quali si ispirano gli
appartenenti a questo a farci trovare, l'8 settembre 1943, il nemico
in casa ed era proprio lo stesso nemico del 1917, contro il quale
andava all'assalto quel fante con il dito puntato, da essi rievocato
così a sproposito.
Comunque il fatto ha ravvivato in me il ricordo del manifesto originale
ed i tempi in cui appariva da per tutto.
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Il manifesto
originale, che pubblichiamo, opera del cartellonista Luciano Achille
Mauzan, apparve, sui muri di tutta Italia verso la fine del 1917,
per conto di un noto Istituto di Credito per pubblicizzare un prestito
nazionale.
Era l'anno della ritirata di Caporetto e quel manifesto esprimeva
l'austerità e le preoccupazioni del momento: quando la Patria chiama
i cittadini tutti a versare i propri risparmi, per la prosecuzione
vittoriosa della guerra, che doveva concludersi l'anno dopo, con
la grande offensiva di Vittorio Veneto.
"Fra i tanti manifesti editi allora ebbe grande successo proprio
quello di Mauzan che rappresentava un soldato il quale, uscito dalla
trincea invitava, con sguardo severo e col dito puntato verso l'osservatore,
a fare tutti il proprio dovere. Quegli occhi e quel dito che apparivano
ovunque, anche riprodotti in grandi dimensioni, erano diventati
un ossessione per il cittadino" Quello sguardo e quel dito
puntato, seguivano tutti e additavano tutti nei teatri, nelle stazioni
ferroviarie, lungo le strade ed erano, nello stesso tempo, un ordine
ed un invocazione: Fate tutti il vostro dovere!
***
Nel cuore di
una notte fredda di quel (ahimè) lontanissimo febbraio del 1918,
mio padre mi levò dal letto, mi portò nella stanza e tenendomi in
braccio mi accostò alla finestra che guardava verso Napoli e disse:
"Guagliò, guarda stanno bombardando Napoli".
Non avevo ancora sei anni eppure quella scena non si è cancellata
dalla mia mente.
I fasci di luce delle fotoelettriche falciavano il cielo stellato
in quella rigida notte d'inverno fra i bagliori degli scoppi e degli
incendi. Per proteggermi dal freddo della notte mi avvolsero in
una coperta della Regia Marina, dal colore grigio con la fascia
e le stelle. La gente gridava: "Spegnete le luci! Spegnete
le luci! " e fu allora che mia madre soffiò sulla lucerna ad
olio che, ancora oggi, conservo come una reliquia.
Questo particolare, ridicolo in verità, mi tornò alla mente tanti
anni dopo quando lessi nel libro di Giovanni Altieri "Napoli
Nobilissima" un fatto, non meno ridicolo, che avveniva proprio
nello stesso momento a Napoli mentre il dirigibile tedesco "Zeppellin"
lanciava la bombe-mina da 500 chilogrammi che cadde nei pressi della
Galleria Umberto I all'angolo di via S. Brigida, alla salita Cariati
ed una terza che non esplose al vico Rotto S. Carlo.
Un gruppo di giornalisti, tra i quali Libero Bovio, Ugo Ricci e
l'avv. Pisani di Massamormile, usciva dalla redazione de "Il
Mattino", quando cadde la bomba alla salita Cariati. Quello
che accadde lo racconta Giovanni Artieri: " Non erano sbucati
a via Toledo che un'altra bomba cadde alla salita Cariati e l'immenso
fragore, la vampa orrenda illuminò il Creato, e annichilì gli animi
sospesi. Ma nel gruppo or ora uscito dalla sede del "Mattino"
avvenne qualcosa di epico. Avvenne che Pisani di Massamormile, allora
ufficiale di cavalleria in licenza, gridò: - "Nun ve me mettite
paura! " E compì un gesto meraviglioso: sfoderò la sciabola".
***
Un altro manifesto
è apparso per celebrare la Giornata del Risparmio che ha luogo annualmente.
Questa ha una certa analogia di significato col primo, perché anche
quello chiedeva per il prestito nazionale i risparmi cittadini.
Se il primo manifesto ha potuto provocare quei ricordi piacevoli,
il secondo ha destato in me una certa ilarità, perché gli stessi
uomini che vantano l'era della civiltà dei consumi, parlano di risparmio.
Proprio quelli che si autodefiniscono gli artefici del "boom",
del miracolo economico e del benessere, oggi sono alle prese coi
gravissimi "problemi", come essi li chiamano, di natura
economica. Hanno fatto credere, ed ancora fanno credere (e nessuno
ha il coraggio di dire la verità) che lavorando di meno, spendendo
di più, fra settimane corte, ponti e vacanze lunghe ci siano i soldi
da risparmiare.
E poi chi dovrebbe risparmiare? E perché risparmiare? Per vedere
dopo un anno le diecimila lire risparmiate valere meno, molto meno?
Ed infine, perché risparmiare quando c'è "Canzonissima"
che dispensa miliardi, quando ci sono i "Casinò"(bisce
autorizzate, quello che in effetto faceva anche Scirè), quando c'è
il Totocalcio, la Sisal, il Lotto, ecc.?
In economia, e gli economisti lo sanno, anche se alcuni fingono
di non saperlo, non esistono miracoli. Rimanendo in tema di economia
e confrontando i due manifesti abbiamo che, dopo l'apparizione del
cartellone di Mauzan, durante l'incubo di Caporetto, con l'ottobre
del 1918 venne Vittorio Veneto, mentre oggi a quanto pare ; persistendo
questo andazzo si va piuttosto verso El Alamein.
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