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Tratto dal n°17
- de LA TORRE -
25 . X . 1967
 
 
 
 
Il sabato del miraggio
 

La pupa che ha lasciato la campagna
vive in città ed è sola,
in minigonna va, e reca in mano
il borsellin con trucco e sigarette.
Sofisticata sempre
ornar ella si appresta,
anche se non è festa, il petto e il crine

Ascoltare non vuol più
qualche consiglio della vecchierella
quando le dice che non ha più scorno,
se novellando vien del suo buon tempo
quando ai dì della festa ella si ornava,

E ch'era vita quella?
Ai tempi dei cafoni e dei «matusa»?
E voglion dir ch'era l'età più bella!
risponde con disprezzo,
e si prepara ad uscir, tornando l'ombre
già dai colli e dai tetti
al biancheggiar della recente luna.

Non la squilla dà segno
della festa che viene,
bensì con le schedine:
il Toto e l'Enalotto.
I monelli gridando
su la piazzola in frotta,
con un pallon, tirando,
fanno la «lastra» rotta;
al bar intanto è assiso a un tavolino
tifoso lo sportivo
e seco pensa a Sivori e Altarini.

Giammai sentir tu puoi un po' di pace
e dir che tutto tace,
odi la «Vespa» rombeggiar e l'audio
del tuo vicino che veglia
davanti al teleschermo, tutto preso
per le cretine imprese
di Franco Franchi e di Ciccio Ingrassia.

Questo di sette è il più costoso giorno,
pien di spese pel giuoco:
diman ricchezza e gioia
col tredici, ed al travaglio usato
ciascun spera di non far ritorno.

Capellone barbuto
cotesta età marcita
nel «boom»dell'edilizia e del motore
non è chiara, serena,
e precorre alla festa di tua vita.
Ti illudi ch'essa sia sempre soave.
Stagion lieta è cotesta?
Tra i «piper» e le «boites» è la tua festa?
E non è detto ch'essa sempre duri.

Raffaele Raimondo

su licenza ( e che licenza!) di GIACOMO LEOPARDI