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Tratto dal n°16-17
de LA TORRE 
22.10.1977 
 
 
La Torre dei nostri nonni
 
La Capitale del corallo

di Raffaele Raimondo

Il primato della pesca del corallo
Prima ancora che le «piazze» di Genova, Marsiglia, Trapani e Livorno perdessero il primato della lavorazione del corallo, Torre del Greco deteneva soltanto quello della pesca, e il prodotto pescato era venduto allo stato greggio. Gli innumerevoli laboratori torresi per la lavorazione, le cosiddette «fràveche»   (fabbriche), sorsero poi verso la metà del secolo scorso.

A Livorno gran parte della vendita del prodotto pescato dalle coralline torresi         
Al principio del detto secolo, le barche coralline torresi pescavano prevalentemente nei mari di Corsica e Sardegna e il prodotto pescato veniva venduto la gran parte a Livorno, dove la lavorazione era particolarmente florida. Molte volte con tutta l'inclemenza del mare, nella fretta di arrivare in quel porto prima degli altri, ad evitare di trovare il prezzo calato, i «comandatori» e gli equipaggi forzavano la mano, esponendosi a seri pericoli. Ancora oggi, nell'intraprendere un'operazione rischiosa, pur se di altro genere, i torresi usano lo stesso dire : «A varca 'nfunno, o marcanzia a Livorno».

Una testimonianza di fede : gli ex voti 
Se la perizia e il coraggio dei marinai torresi permettevano loro di affrontare la furia degli elementi per qualche ducato in più, qualche volta  dovevano ricorrere all'aiuto divino per uscire indenni dalla procella. Una commovente testimonianza della loro fede era costituita da molti quadri e tavolette, i cosìddetti ex voto, che adornavano l'atrio della chiesa del Carmine di Torre del Greco. Ce n'erano Tanti! ... I quadri non erano tutti di buona fattura. Generalmente rappresentavano il mare in tempesta, il cielo bluastro solcato da fulmini, mentre lo scafo della «corallina» o del veliero, con le alberature spezzate, veniva quasi sommerso da onde gigantesche. Sulla coperta i marinai levavano le braccia tese verso il cielo in segno di invocazione. In alto, in uno squarcio di cielo sereno e luminoso al disopra delle nuvole nere, apparivano le immagini della Vergine e di San Ciro, accorsi alle invocazioni d'aiuto dei marinai in procinto di affondare. Poi c'erano la spiegazione, la data e i nomi degli scampati. Quante peripezie! Quanto coraggio! Quanti nomi ...

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L'arrivo a Torre di un intraprendente marsigliese : Paolo Bartolomeo Martin
Dopo la Rivoluzione francese, la lavorazione del corallo a Marsiglia subì un forte declino per cui un intraprendente  marsigliese pensò bene di trapiantarsi a Torre del Greco e, forse involontariamente, fu proprio lui ad avviare la nostra città sulla via che doveva condurla verso la conquista del primato mondiale per l'industria del corallo. Il suo nome era Paolo Bartolomeo Martin. 

27 marzo 1805 : Il Martin è autorizzato dal  re Ferdinando IV di Borbone ad impiantare una fabbrica per la lavorazione del corallo in Torre del Greco.
Appena giunto nel Regno di Napoli, chiese e ottenne da re Ferdinando IV di Borbone. in data 27 marzo 1805, un rescritto che lo autorizzava ad impiantare una fabbrica per la lavorazione del corallo in Torre del Greco. La fabbrica, impiantata nella Villa Castelluccio ( non la cercate, è inutile: la villa non esiste più), fin dal principio dette lavoro a una trentina di operai, tra i quali quattro o cinque apprendisti torresi.

12 luglio 1806: re Giuseppe Napoleone Bonaparte conferma la concessione
La sera del 23 gennaio 1806, Ferdinando IV scappò di nuovo a Palermo, mentre le truppe napoleoniche si avvicinavano ai confini settentrionali del Regno, e il 15 febbraio Giuseppe Bonaparte prendeva alloggio nel palazzo reale di Napoli: erano arrivati i paesani di Martin. Questi naturalmente cercava in tutti i modi di trarne i relativi, molteplici, vantaggi. Infatti, con dispaccio in data 12 luglio 1806, re Giuseppe Napoleone gli conferma la concessione fatta dal Borbone.

2 marzo 1810 : Gioacchino Murat concede al Martin una privativa
Il «marsigliese» non dormiva sugli allori e cercava di monopolizzare sempre più la sua attività e, il 2 marzo del 1810, ottenne da Gioacchino Murat addirittura una privativa che lo autorizzava per la durata di cinque anni, a fabbricare e vendere, in tutto il Regno di Napoli, i suoi coralli lavorati e con espressa proibizione a chiunque di imitare o contraffare i suoi prodotti.

Il Martin fa venire da Roma specialisti in incisione di cammei
La fabbrica del Martin prosperava tanto che proprio in quell'anno (1810), a circa cinque anni dall'istallazione, dava lavoro a circa 200 famiglie torresi . Per migliorare sempre più la produzione e la confezione dei prodotti lavorati, aveva fatto venire da Roma degli specialisti in incisione di cammei che lavoravano esclusivamente per la sua fabbrica. Poi per una questione sorta (o fatta sorgere apposta ) circa l'orario di lavoro, i romani abbandonarono il Martin, e si misero a lavorare per proprio conto. Tra questi c'era Filippo Veneziani il cui nipote Aniello è morto il 12 gennaio 1969 alla veneranda età di 105 anni.

L'incisione: un'arte dipendente esclusivamente dalla capacità individuale.
Il Martin si rivolse invano alla giustizia: ebbe torto. Fu ritenuto che la privativa, se poteva comprendere tutta la lavorazione meccanica della faccettatura, della pulizia ecc. non poteva applicarsi anche all'incisione che era un'arte dipendente esclusivamente dalla capacità individuale.

Pansinetti e Filippo Gagliardi : incisori di cammei su conchiglia
Con il Martin c'erano anche un tale Pansinetti e un suo figlio adottivo di nome Filippo Gagliardi, anche questi incisori di cammei su conchiglia.
Chi ha voglia di lavorare e conosce bene il mestiere non ha bisogno dei sindacati, perché è lui a condizionare il padrone. Infatti anche il Pansinetti e il Gagliardi si staccarono dal Martin e si misero in proprio, diventando proprietari di un intero quartiere. Si tratta della zona compresa tra via Teatro, la III, IV e V Traversa Teatro.

 «'u Llargo 'i Barzinetto» denominazione storpiata del «Largo Pansinetti»
L'edificio principale, detto appunto Palazzo Gagliardi, non esiste più. Con la scusa che era pericolante lo demolirono e sull'aria costruirono quell'orribile fabbricato che oggi si vede. Esistono tuttora alcuni corpi di fabbrica dello stesso stile del palazzo demolito e un rettangolo di giardino, recintato con cancello di ferro. Quel largo era denominato «Largo Pansinetti». Poi, storpiata la denominazione per la pronunzia dialettale, lo chiamano tuttora: «'u Llargo 'i Barzinetto».

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1841 : Istituita a Torre del Greco un «Fiera del Corallo»; ogni anno dall'1 all'8 marzo.
Intanto a Genova, a Marsiglia, a Livorno, a Trapani, la lavorazione andava sempre più diminuendo, mentre a Torre del Greco si faceva grande incetta di corallo greggio, stipato nelle capaci casse       (' i  cascè ' i curèllo), tanto che nel 1841 fu istituita una «Fiera del Corallo» che aveva luogo ogni anno dall'1 all'8 marzo. Dunque, non erano più i torresi a portare a Livorno o altrove il corallo pescato per venderlo, e qualche volta anche a prezzo «scamazzato»; ma erano gli acquirenti che da più parti venivano a Torre, per comprare sia il corallo greggio che quello lavorato. E la città, bene o male, si adattava ad ospitarli... Certo non esistevano alberghi, però, vivaddio, qualche locanda c'era in cui pernottare.

1865 :  Tre  locande in Torre del Greco
Nel 1865, in tutta Torre ce n'erano tre. Una si trovava in Piazza del Popolo ed era gestita da tale Francesco Bottiglieri; un'altra era ubicata alla Strada Fosso del Carmine dint' 'u rio» e ne era proprietario un certo Gennaro Sorrentino; e, infine, la terza era giù alla marina, al Largo Portosalvo ('ncopp' 'a Scarpetta). Era gestita da una ... locandiera  e, anche se non era quella del Goldoni, aveva un bel nome: si chiamava Silvia ... Bottiglieri.
Vediamo un po', quando uscivano dalle rispettive locande, i negozianti forestieri, in gran parte ebrei, dove si recavano per acquistare la preziosa merce (brigante Pilone permettendo - siamo nel 1865).

Nominativi dei proprietari delle botteghe artigiane e zone di Torre dove esse erano ubicate
Nella zona della marina c'erano:  Giuseppe Mazza fu Leonardo, detto «Pappiéllo 'i Papòte», Corso Garibaldi; Antonio Aurilia fu Michele, Strada Libertà; Domenico Ascione fu Carmine, Corso Cavour; Bartolomeo Palomba fu Antonio, Strada Unità italiana (in prossimità della sua casa c'è uno spiazzo denominato ancora Largo Palomba); Antonio Pontillo fu Serafino, Strada Fontana ( anche qui c'è ancora una via denominata Strada Pontillo alla Fontana per distinguerla dai tre vicoli omonimi che si trovano verso Largo Bandito; Stefano Sorrentino fu Giuseppe, Largo Benigno (abbascio a dda' pastora).
Al Corso Vittorio Emanuele c'era Biondo Palomba fu Raffaele. Di questi abbiamo già parlato, però dobbiamo aggiungere che era il padre del tanto beneamato sindaco Luigi Palomba.
Alla Strada Antica Capotorre (oggi Diego Colamarino) c'erano Michele d'Amato fu Giuseppe e un'altro certamente non torrese di nome Albenzio De Fusco fu Aureliano.
Ecco quelli della zona centrale: Largo S. Croce; Pietro-Andrea d'Amato fu Gennaro (curalluccio); Agostino  Palomba fu Raffaele (pastucchio). Strada S. Croce (oggi Vincenzo Romano) : Aniello D'Amato fu Giuseppe; Raimondo Luisi fu Andrea.
Strada del Teatro: Andrea Vitelli di Giuseppe. (Questi fu sindaco di Torre del Greco dal 28 luglio 1861 al 12 maggio 1864. Il suo nome è segnato sulla lapide sul lato mare della stele che ricorda l'eruzione del 1861; però c'è scritto Andrea Vitiello e non Vitelli. Non gli piaceva il cognome Vitiello e perciò con l'autorizzazione del tribunale cambiò cognome).
Strada Gradoni e Canali: Giovanni Ascione di Domenico ('u pazzo); Villano Michele fu Luigi; Vitelli Aniello-Antonio fu Giuseppe.
Strada Ponticello (oggi Antonio Luisi): Vitelli Francesco-Saverio fu Giuseppe.
Strada Borgo (oggi Corso Umberto I): Giovanni Scognamiglio fu Luigi (pescesicco) ed infine, alla Strada Purgatorio c'erano: Luigi Palomba fu Michele ('a serpenta); Andrea Savarese fu Michele.
Permettete ora di soffermarmi, sia pure fugacemente su uno soltanto di questi benemeriti cittadini torresi creatori del benessere della nostra città che, ancora oggi, vive di rendita sui sacrifici, il lavoro e i risparmi di quei tenaci e probi lavoratori.
 Giuseppe Mazza, detto «Pappiéllo 'i Papote», nacque nel 1822 e quando «lu papone» (il vapore) cioè il treno a vapore, verso la fine del 1840, arrivò nella stazioncina di Torre del Greco, contava 18 anni. Il soprannome di «Papote» lo aveva ereditato dal padre Leonardo, il quale essendo molto rugoso, abbronzato dal sole e dalla salsedine e trascurato nella persona, aveva assunto un brutto aspetto. Mostrava di essere molto avanzato negli anni, mentre in realtà non lo era, perciò gli abitanti della marina gli avevano affibbiato quel nome che forse deriva dal greco «pappos», cioè vecchio. Quindi la parola «Papote» indicava il vecchio che le mamme minacciavano di chiamare per impaurire i bambini e così tenerli buoni.

La prima sala cinematografica a Torre del Greco : la «Sala Iris» 'u cinema 'i ron Llione
All'età di 23 anni, «Pappiéllo» (oggi si fanno chiamare Giusy) sposò la figlia  di un negoziante di corallo che abitava a poca distanza dalla sua casa. La ragazza, appena quindicenne, si chiamava Maria Luisa Aurilia di Antonio e fu talmente prolifica che in 25 anni «regalò» a «Pappiéllo» ... undici figli. Al nono fu dato il nome di Leone, colui che doveva impiantare la prima sala cinematografica a Torre del Greco: la «Sala Iris», ma che per tutti era 'u cinema 'i ron Llione.
«Papote», il titano dell'industria del corallo, oltre al leggendario nome, ha lasciato il monumentale palazzo di via Diego Colamarino, degno di figurare sul più lussuoso «boulevard» di Parigi.

Tre architetti in Torre del Greco 
Vorremmo credere che fu un torrese a progettarlo ... Cosa possibile perché a quei tempi in Torre di architetti ce n'erano tre: Francesco Brancaccio fu Carmine, Vico II Trotti; Matteo Caratenuto fu Francesco-Saverio, Fosso del Carmine; Giuseppe Palomba di Sebastiano, Strada Campanile; e se «Pappiello» non si rivolse a qualcuno fuori Torre, uno di questi fu il progettista.

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Prima di proseguire, crediamo opportuno inserire questo breve ... «intermezzo», per dare al lettore, specialmente se giovane, un'idea sul valore della moneta a quei tempi: sono cifre abbastanza eloquenti.
Si tratta dei bilanci consuntivi del Municipio di Torre del Greco per gli anni 1871 e 1875.

Anno 1871:
Entrate L. 341.421,66 - Uscite L. 280.482,39 - Attivo L. 60.939,27

Anno 1875: Entrate L. 349.732,50 - Uscite L. 242.983,95 - Attivo L. 106.748,55

Le cifre dopo la virgola indicano i centesimi, cioè la centesima parte di una lira e a quei tempi il centesimo era spendibile.

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Ed eccoci giunti al «boom» del corallo

La scoperta di tre banchi coralliferi nel Canale di Sicilia
Il 1° maggio del 1875 (data fatidica per Torre del Greco, come quella del Riscatto Baronale), un pescatore siciliano di nome Alberto Maniscalco soprannominato «ammaréddu» (in napoletano: «ammariéllo», in italiano: gamberetto) scoprì per caso, a circa 30 miglia a sud-ovest di Sciacca, a circa 200 metri di profondità, un piccolo ma ricco banco corallifero esteso intorno ai 40.000 mq. (circa mt. 200x200). Particolare curiosa: al povero pescatore, come premio per aver scoperto quel tesoro, furono offerte ... dieci lire, racimolate a stento tra i compagni. Su quel quadrato di 200 metri di lato, si riversarono un'infinità di barche, per cui si dovettero stabilire dei turni per pescare a due o tre alla volta.
Nel 1878, nei paraggi alla stessa profondità, fu scoperto un altro banco di migliore qualità e più vasto del precedente. Era una specie di rettangolo di un miglio, per tre quarti di miglio (in metri: 1852x1389) = mq. 2.572.428. Questo banco venne denominato «terraneo».
Infine nel 1880, sempre nel Canale di Sicilia, ad una profondità intorno ai 150 metri, venne scoperto un terzo banco, questa volta enorme: misurava due miglia, per due miglia e mezzo (in metri: 3704x4630) = mq. 17.149.520. Per avere una idea dell'estensione di quest'ultimo banco, basta considerare che il territorio di Torre del Greco si aggira intorno ai 30.000.000 di metri quadrati, cioè 30 Kmq. Questo terzo banco venne definito «foraneo».

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L'istituzione a Torre del Greco della Scuola d'Incisione sul Corallo e Disegno Artistico Industriale
La scoperta del secondo banco, avvenuta nel 1878, coincise con l'istituzione a Torre del Greco della Scuola del Corallo. Tenaci assertori furono l'avv. Giovanni Della Rocca e il dott. Antonio Agostino Brancaccio, che avevano fatto richiesta fin dal 1872.
La scuola venne istituita con R. Decreto N. 4428 (serie2°) in data 23 giugno 1878. Il suo primo nome fu «Scuola d'Incisione sul Corallo e Disegno Artistico Industriale». Le iscrizioni incominciarono nel luglio del 1879 e i corsi regolari ebbero inizio il 5 novembre.
Della Scuola si parlerà diffusamente in occasione delle celebrazioni che si terranno nel prossimo anno per il centenario della sua istituzione. Per ora concludiamo dicendovi che la Scuola stava per morire quando nel 1885 venne finanche chiusa.

Enrico Taverna
Nel marzo del 1886 giunse da Torino l'uomo che doveva riordinarla e portarla al massimo dello splendore. Quell' uomo era Enrico Taverna.
Quando tutto pareva che crollasse, quando la scuola agonizzava, egli, il 5 novembre davanti al Consiglio Direttivo riunito, nella sua relazione alla chiusura di quell'anno scolastico (durato eccezionalmente dal 27 marzo al 1° novembre) così concludeva:
«Dunque coraggio! Produciamo (mercé fondati studi) artisti veri, esperimentiamo nuove applicazioni, e, se poi i nostri tentativi riusciranno infruttuosi, avremo però sempre la coscienza d'aver tentato».
Egli tentò e vinse. E vinse anche per le innate virtù dei torresi