Quando una parola entra nelle simpatie della gente è un castigo
di Dio.
Sulla fine del 1966 nelle rubrica «Canzonissima» che
quell'anno chiamarono «Scala Reale» un grande attore
napoletano creò una caratteristica macchietta, quella del
«lavoratore di camera » Gaetano Pappagone, al quale
diede un modo di esprimersi tutto particolare.
Divenne uno strazio: al bar, in ufficio, per la strada, insomma
da per tutto, fummo condannati a sentire in continuazione: «Ecque
qua», «Piriché?», «Non metto lingua»
ecc.
Oggi è entrato nelle simpatie degli uomini politici il «
problema ». Dicemmo già l'altra volta dell'abuso di
questa parola in un solo periodo di un giornale cittadino
Lo
abbiamo riletto e l'abbiamo trovata in due sole pagine, la prima
e l'ultima, per un totale di una trentina di volte. Ma il bello
è che gli agitatori dei problemi cittadini, sempre nello
stesso giornale, ci tengono a mettere in evidenza che solo essi
sono gli elementi idonei e indispensabili a risolverli. Il lettore
non pensa con me, che in realtà ognuno di essi si propone
invece di risolvere il «proprio problema» ?
A Torre del Greco, veramente un problema c'è, difficilissimo
da risolversi; lo chiameremo IL PROBLEMA DEI PROBLEMI
Eccolo, ve lo riproponiamo: Un fiumiciattolo, sotterraneo, violento,
spumeggiante, scrosciante, sfociava in un elegante padiglione, attraverso
cento cannelli dal rispettabile diametro di un paio di centimetri
ognuno. Supponiamo che da ogni cannello fuoriuscisse ogni cinque
secondi un litro d'acqua, carbonica-alcalina purissima, simile a
quella che oggi si vende in bottiglie, con gli attestati clinici,
e che ogni cannello desse perciò ogni minuto dodici litri
d'acqua.
I cento cannelli emettevano quindi milleduecento litri di acqua
al minuto, 72 mila litri all'ora e la bazzecola di 1 milione 728.000
litri ogni 24 ore. Tutta quest'acqua un bel giorno, si inquinò
(?!) e scomparve totalmente come d'incanto.
Si può sapere:
1)Come e perché l'inquinamento ha determinato la totale scomparsa
dell'acqua.
2)Dove è andata a finire tutta l'acqua.
Per ingarbugliare maggiormente il problema vi diciamo che, quando
non funzionava l'acquedotto a causa degli eventi bellici, quell'acqua
bastò ed avanzò per il fabbisogno dei torresi e degli
abitanti dei comuni viciniori risolvendo, è il caso di dirlo,
un grossissimo problema.
Se c'è qualcuno in grado di risolverlo (ci riferiamo al primo,
quello insoluto), si faccia avanti. Inoltre, se c'è qualche
lettore che possa pensare, sia pure con debole speranza, che esista
chi potrebbe risolvere il problema, ebbene gli diciamo subito che
è degno di essere insignito dello «O
scar di fesso».
* * *
Queste cose si verificano ai piedi di una montagna,
una volta vulcanicamente attiva e dinamica che, guardando degli
uomini operare ai suoi piedi, pardon, alle sue falde, si è
addormentata per la noia. Ditemi che non è vero, dopo di
aver appreso che nel prossimo Consiglio Comunale, affinché
si amministri con una certa validità una città come
Torre del Greco, non possano mancare alcuni dei 23 consiglieri 23.
Chi dissente della loro condanna in blocco è nientedimeno
che un fervente comunista, il quale dimentica che i gruppi dell'opposizione,
appoggiati dal consenso pubblico generale (c'ero anch'io) crearono
un'atmosfera da Parigi 14 luglio 1789 o Napoli 15 maggio 1848. Mica
ingenuo il piccioncino!...
* * *
Facemmo piangere perfino Gesù Cristo, almeno
così si racconta:
Sulle pendici del Vesuvio cresce un tipo di vite da cui si ricava
un vino famoso: il «Lacrima Christi».
La leggenda narra che Gesù , girando il mondo, (è
leggenda perché sappiamo tutti che Egli uscì dalla
Palestina una volta soltanto, quando con i suoi genitori fuggì
in Egitto), dunque, girando il mondo, arrivò anche nella
Campania-felix, salì sul Vesuvio, guardando in giro, ammirò
il panorama stupendo ed esclamò: - E' un paradiso in terra;
ma gli uomini che birboni! (La Sua dolcissima ed infinita bontà
non gli consentiva di usare altre parole più appropriate).
Il pensiero della malignità, della piccineria e della furbizia
umana Lo fece piangere e le lacrime bagnarono il suolo. In quel
punto preciso alcune donne piantarono dei magliuoli (volgarmente
dette puche ) che attecchirono rigorosamente. Perciò il vino
che da quella vite si ricava si chiama «Lacrima Christi».
Fin qui è leggenda, poi è venuta la storia. Non quella
con la esse maiuscola ma quella che fa esclamare anche a chi è
fornito di una buona dose di pazienza: - Ma
questa storia quando
finisce?
Se anche voi lo dite, e dai vari «capoccioni» non vi
fate attaccare sulla testa il ferro ed alle mani e ai piedi i fili
a loro piacimento, la prima cosa che essi fanno è quella
di staccarvi il saluto, come potrebbero fare l'ENEL e la SIP, se
voi non pagaste le bollette, staccandovi la luce ed il telefono.
Quando accade ciò, vuol dire che il «capoccia»,
de-mo-cra-ti-ca-men-te è in collera con voi. Io sono senza
luce e senza telefono!...
* * *
Quando il fenomeno corale dovrebbe funzionare,
proprio allora non funziona più. Gli avvenimenti europei
dei giorni scorsi ci fanno pensare alle prefiche (erano donne che
ai tempi dei Romani venivano pagate con sonanti sesterzi, per piangere,
con alti lamenti e strappandosi i capelli, i morti altrui. Nel Napoletano
fino a poco tempo fa esistevano ancora ). Abbiamo visto durante
la trasmissione dei lunghi «Telegiornali» lo atteggiamento
prostrato dei presentatori delle notizie e dei filmati provenienti
dalla Cecoslovacchia, mentre descrivevano ed illustravano le prepotenze
dei russi sul popolo fratello. Che cosa ci saremmo dovuto aspettare?
Che lo squillo del telefono a portata di mano dello speaker trillasse
di continuo ad opera delle centinaia di migliaia di comunisti i-ta-lia-ni,
toccati nella regione precordiale desiderosi di annunziare la loro
indignazione per l'atto prevaricatore ai danni della libertà
dei fratelli ceki.
Niente di tutto questo; per i compagni è come se i televisori
non avessero funzionato affatto. Se i cittadini di Praga mostravano
il pugno verso i carri armati sovietici, i compagni telespettatori
mostravano il pugno destro verso il telecronista con movimento ondulatorio
e avendo cura di mettere la mano sinistra al di sopra dell'avambraccio
destro.
Non perché i comunisti non hanno cuore, ma perché
si sono fatti convincere che solo dalla professione di quella dottrina
possono venire la pace, la prosperità, il benessere, e che
il nostro «boom» economico è una specie di carestia
di fronte al tenore di vita del cittadino che vive al di là
della cortina di ferro. Anche se così non fosse, pensano
al benessere del tubo digerente e non a quello del cervello. Sono
convinti, infine che «l'Unità», cioè la
traduzione in italiano della «Pravda» moscovita, combatte
per la democrazia e la libertà di tutti i popoli, compreso
quello cecoslovacco, e, perché no?, anche del nostro, quando
sarà diventato il popolo italo-bislacco. Fra pochissimo tempo
i vari Svoboda, Dubcek e «compagni», in posizione verticale
o in quella orizzontale, scompariranno dalla scena e tutto ritornerò
come prima, anzi peggio di prima. Invece di cantare: - Corriamo!
Corriamo! Diciamo invece: - Preghiamo! Preghiamo! Preghiamo che
gli avvenimenti in Europa oggi, non diventino i segni premonitori
di quello che accadde ieri, quando le Panzer-divisionem e le SS,
milizia di un altro partito totalitario, preordinavano le invasioni
per andare a mettere l'ordine nelle varie nazioni, anzi in quelle
stesse nazioni, inviando come oggi i carri armati ed i vari «Gauleiter»
e «Quisling».
La verità è una soltanto: quei sistemi non sono democratici
e chi li adotta è contro la libertà, qualunque sia
l'ideale che li ispira.
Un'altra tattica comunista è quella di far credere che i
compagni gerarchici passi le notti insonni a pensare ai baraccati,
ai diseredati, ai disoccupati, ai pensionati, ai mutilati e a tutto
ciò che finire in ati; che essi comprendono e sentono il
bisogno di tutte le categorie, perché su per giù non
si allontanano troppo dal loro modo di vivere. Essi non sono come
gli sporchi capitalisti reazionari, che vivono da nababbi.
Poi basta un semplice fatto di cronaca per stabilire la realtà
delle cose:
Ignoti malviventi sono penetrati nell'abitazione della onorevole-compagna
Maria Antonietta Macciocchi eletta nella nostra circoscrizione,
grazie anche ad un cospicuo gruzzolo di voti raccolti per la solerzia
dei compagni torresi. La onorevole non era a Roma a seguire con
trepidazione gli avvenimenti dell'Europa centrale; era a Sabaudia
in una villa - sua o di qualche povero compagno - a godere le ultime
di questa estate, abbastanza calda.
Il bottino dei delinquenti è stato il seguente: Un paio di
milioncini spiccioli, un indecifrato numero di pellicce, compresa
una di visione
(al comizio di chiusura della campagna elettorale a Torre del Greco
non la indossava, malgrado una serataccia fredda, ventosa e l'ora
tarda), innumerevoli oggetti preziosi, quali orologi d'oro, bracciali,
fra i quali uno, cinese, di inestimabile valore. Cinese autentico,
per ricordo di Mao Tse-Tung. Chissà se i ladri le hanno lasciato
il libretto dei pensieri, che dovrebbe essere il più prezioso.
E' il vademecum dei protestatari globali i quali intendono raggiungere
le loro aspirazioni procurando allo Stato miliardi di danno. Questa
volta non protestano le categorie che finiscono in
ati, i
minatori o i braccianti agricoli, ma gli studenti ed in particolar
modo quelli ricchi. Parecchi i più turbolenti, sono i figli
di miliardari compresi gli arricchiti di guerra, quelli che una
volta venivano chiamati pescecani. Sono quelli che d'estate vanno
in barca (le barche per loro sono i panfili di centinaia di milioni)
e d'inverno vanno a sciare presso le più rinomate e lussuose
stazioni climatiche di montagna, accompagnandosi a donnine di alta
classe, nella più sfrenata spensieratezza e ostentando il
più scandaloso benessere. Il poco tempo che hanno per lo
studio lo impiegano a devastare edifici meravigliosi, costringendo
lo Stato (siamo tutti noi ) a spendere fior di quattrini per riparare
i danni o per prevenirli. Alla Università di Roma abbiamo
speso ( siamo sempre noi ) 150 milioni per mettere le inferriate
alle finestre dei piani bassi degli edifici delle diverse Facoltà.
Capite! Le inferriate all'Università!...Come per le carceri
e per i manicomi.
A proposito di manicomi sarebbe opportuno chiuderli, anzi, aprirli
mettendo in libertà i matti. Si potrebbe avere la graditissima
sorpresa di vederli guariti: infatti essi vedendo quello che accade
intorno a loro, si comporterebbero certamente più savi.
Una vera torre di Babele poi sono le Organizzazioni internazionali
e le varie alleanze, anch'esse intende a risolvere problemi: O.N.U.
PATTO DI VARSAVIA, NATO, CENTO, SEATO, trattati stipulano, che si
rivedono, che si stracciano, linee telefoniche calde, fredde, cavi
diretti, aerei supersonici che vanno e vengono, Consiglio di Sicurezza,
Ginevre, New York, Parigi ecc. Non se ne capisce più niente.
A Parigi una delegazione americana e una nord vietnamita stanno
discutendo da quattro-cinque mesi, mentre migliaia di uomini da
ambo le parti continuano a morire.
Sarà forse l'aria ad agire negativamente su tutti gli uomini
e particolarmente sui grandi. Certo le discussioni si dilungano
perché la soluzione ideale non è più quella
di Alessandro il Grande per il nodo di Gordio o quella di Camillo
per l'invasione dei Gall; anzi sono soluzioni deprecabili ed impossibili:
sarebe la guerra, lo sterminio dell'umanità.
Se allora non funzionò a Ginevra la Società delle
Nazioni ed oggi non funziona a New York l'ONU, è certamente
questione di clima o di territorio.
Vogliamo scegliere una sede ubicata in una nazione appartenente
al Terzo Mondo e quindi neutrale? Sì. Allora è già
fatto!
Le sede ideale per la discussione e per la firma dei trattati potrebbe
essere in India nella regione del Rajastan. E' una ridente cittadina,
il suo nome è Merta.
Se putacaso le cose non andranno bene, come sta accedendo da 25
anni a questa parte, si potrà sempre dire senza tema di sbagliarsi:
- Ma quali trattati? Quelli di Merta!...
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