Epoca: notte dal 23 al 24 settembre 1967
(Scena: la solita aula sorda e grigia ecc. ecc.; sul fondo
una finestra, a sinistra due balconi, a destra due porte)
PERSONAGGI: (veri e fantastici in ordine di entrata in azione)
TIPAN
LIBERCICCIO
BALZAN
PIERINO
SERGIANNI CARACCIOLO
GIOVANNA II - Regina
ALFONSO 1° D'ARAGONA
ANIELLOSKI
LUCREZIA D'ALAGNO
FRANCESCO CARAFA
CORO
(All'alzarsi del sipario tutti i personaggi veri, compresi il coro,
sono assopiti. Liberciccio legge un libro, naturalmente, francese.
Mancano pochi minuti alla mezzanotte per chi ha rimesso l'orologio
sull'ora delle E.C. E'l'una del giorno 24 per chi se n'è
dimenticato. Regna il più assoluto silenzio. Pausa)
TIPAN (sbadigliando sotto voce) - E' l'una!
(Più forte da fare svegliare tutti) Ma no! Perbacco, è
mezzanotte! Aggiustiamo gli orologi. E' destino che in questa aula
si debbano sempre aggiustare gli orologi.
(Tutti, ormai svegli, eseguono).
A questo punto dovrebbero seguire i prammatici rintocchi dell'orologio
del campanile, ma è inutile pensarci, perché da tempo
immemorabile esso è muto.
Esce da una porta un cavaliere del Cinquecento. Ha la figura di
un bel giovane bruno dagli occhi grandi e saraceni. Si ferma e guarda
intorno sorpreso. E' Sergianni Caracciolo.
I presenti con gli occhi sbarrati non credono ai medesimi.
LIBERCICCIO (senza gli occhiali, esclama meravigliato): - Guè,
il Sindaco è tornato!
BALZAN (a Liberciccio): Quale Sindaco!? Questo è un fantasma
che non fa parte dei «sei». Questo è un fantasma
vero, non è di questo mondo.
PIERINO (spaventato):
- Mamma mia! Allora è vero?...E dire che quel fesso di mio
fratello, direttore del Cimitero, mi ha sempre assicurato che i
fantasmi non esistono!
SERGIANNI (rivolgendosi ai presenti): - Chi siete? Che fate in questo
castello a quest'ora insolita per voi? E' mezzanotte. E per noi
fantasmi è l'ora che volge al desio. Siete degli intrusi.
Perché non andate via?
LIBERCICCIO: - Siamo qui per il secondo riscatto...baronale.
SERGIANNI (fecendo un inchino): - Mi presento! Sergianni Caracciolo,
di professione notaio.
LIBERCICCIO: - Ah! Siete venuto per le aree fabbricabili? Dovete
stipulare? Avete saputo del piano di fabbricazione?
SERGIANNI: - Sono venuto per una partita a scacchi! Volete darmi
una mano?
LIBERCICCIO (scansandosi): - A parte il fatto che non abbiamo la
scacchiera, mi permetto aggiungere che a me non piace giocare con
il ...morto.
(Una figura appare nel vano di una porta e viene avanti. Tutti,
meno Sergiann, emettono un oh di meraviglia).
LIBERCICCIO: - Un altro fantasma!...pardon, un'altra fantasma...e
chi è? Che bella signora!!...
SERGIANNI: E' la regina Giovanna.
LIBERCICCIO: - Alla faccia del cacio...cavallo.
SERGIANNI: - E' una ossessione. Mi sta facendo una corte spietata.
GIOVANNA II (volgendosi a Sergianni e torcendosi le mani canta languida):
- Prendimi son qui
son come tu mi vuoi...
(Sergianni, guardandola indifferente, esita. All' improvviso un
topolino attraversa la scena.
Sergianni, con un urlo di spavento, si rifugia fra le braccia di
Giovanna che, approfittando del momento, lo conduce nella stanza
attigua, chiudendo dietro di sé la porta).
LIBERCICCIO: (con rammarico): - E dire che un amico mi aveva suggerito
di procurarci delle candele, nel caso che avessero tolto corrente
elettrica. Sarebbero state utili.
(Gli sguardi spaventati di tutti si incrociano. Pausa, silenzio).
ALFONSO I (entrando con aria distratta, canta sul motivo di «Come
è buono il bacio con le pere» alla maniera di Carlo
Dapporto. - Io sono il magnà..../ Io sono il magnà.../
Io sono il magnanimo....
(Si accorge dei presenti, smette di cantare, si ricompone. Prende
un atteggiamento da Re):
- Lor signori che fanno qui, in casa mia?
ANIELLOSKI (risentito): - Questa casa è del popolo! Voi piuttosto
chi siete?
ALFONSO I (gentile) : - Sono Alfonso I D'Aragona, detto il «magnanimo».
Sto aspettando la contessa d'Alagno, la mia dolce Lucrezia.
(Sospirando) Oh, come è lunga l'attesa!...
LIBERCICCIO: - A chi lo dite?! Noi stiamo aspettando da una quindicina
di giorni e non approdiamo a niente. Siamo stati costretti a fa
'a nuttata
(abbassando la voce ed indicando la porta chiusa) La dentro sono
Sergianni Caracciolo e Giovanna la Regina.
ALFONSO I (parlando sottovoce) - Che vi debbo dire, egregio signore?
Quella è fatta così. Cambia sempre, è capricciosa.
Mi promise il Regno di Napoli, poi un bel giorno voleva lasciarlo
a Renato d'Angiò, ma non riuscirono nel loro intento. Con
me non si scherza...Con me scherza soltanto Lucrezia.
Sono anni che ho messo ai suoi piedi la mia corte...corteggiandola,
ma essa è restia.
L'ho colmata di gioielli, di castelli, di terre assieme con i suoi
fratelli e mi domando se i...magna...nimi non siano loro.
(Canta sul motivo di «Passione»)....Tu m' 'e miso
/ dint' 'e vene / nu veleno che è doce/ num me pesa sta croce...(Una
dolcissima voce proviene dall'uscio di destra. E'la voce di Lucrezia).
LUCREZIA: - Alfonsinoooo!!!
ALFONSO I (con gioia): - Eccola! Fusse che fusse la volta buona?!
LUCREZIA: (entrando) - Alfonsino!
LIBERCICCIO: - Ih! Comme è bella
ALFONSO I (traendo dalla borsa una moneta chiamata appunto «alfonsino»
gliela porge): - Eccolo!
LUCREZIA: - Eh, sei arrivato cocco bello!...(respinge la moneta)
ALFONSO I (facendosi supplichevole canta sul motivo di «A
cammesella»):
- E levate 'a cammesella...
LUCREZIA (di rimando sullo stesso motivo): - A cammesella gniernò
ghiornò..../ Quando mi sposerai/
'a cammesella mi toglierò...
(Il re cerca di agguantarla, ma Lucrezia si schiva, fugge, emettendo
delle risate argentine, seguita da Alfonso che la rincorre. Escono).
LIBERCICCIO (canticchiando sul motivo di «Nuttata 'e sentimento»):
- Sta nuttata 'e sentimento/ nun è fatta pè durmì...
(Pausa, brontolio, commenti sotto voce. Francesco Carafa entra e
guarda con sorpresa i presenti).
CARAFA (con autorità):- Uscite fuori! Qui comando io!
LIBERCICCIO (scocciato): - Ma tu che bbuò? Chi sei?!...
CARAFA (fiero): - Io sono il barone!
LIBERCICCIO (incredulo e sarcastico): - Ma facci il piacere! Il
barone se n'è andato poco fa!...
Erano le 20 e 5 minuti....
CALA LA TELA
testo e disegno di
Raf.Rai.
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