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Tratto dal n°15
de LA TORRE
7.10.1978
 
 
Perché la strada è denominata così
 
Una «conversazione» su via Fiorillo
 

Il limite occidentale di Torre del Greco, confinante con la città di Resina, a valle della strada statale, è segnato dalla via Fiorillo.
Lo storico torrese Vincenzo Di Donna, del quale abbiamo pubblicato nei numeri scorsi, in due puntate, il racconto «Il campanarista di S. Croce»  ne fa cenno nel suo «Vocabolario delle denominazioni locali», 1925, e in «Turris Octavia» (parte prima), un fascicolo edito nel 1954 a cura del Circolo Artistico «Domenico Morelli» di Torre del Greco.
Come il testo del «Campanarista», anche quello di «Turris Octava» è più racconto che storia. Tralasciando il racconto dovuto alla fantasia dell'Autore, noi ci occuperemo soltanto, prima, a precisare alcuni dati e, poi a ... presentare al lettore i membri della famiglia Fiorillo dalla cui casata la strada prese il nome.
Scrive il Di Donna («Vocabolarietto», pag. 6): « Questo territorio corrisponde a quello che dai signori Fiorillo passò poi ai Sambiase ...». Egli scrive inoltre («Turris Octavia», pag. 10) che: .. «il Regio Consigliere nonché Reggente della Gran Corte della Vicaria, Domenico Fiorillo, possedendo nell'estremo una masseria sporgente sul mare, volle edificare il suo Casino sul finire del XVII secolo allo scopo di trascorrervi i periodi di riposo estivo», e, nella stessa pagina, aggiunge «allorché una di lui sorella andò sposa con Giuseppe Sambiase, avrebbe desiderato festeggiare le nozze in questo magnifico posto».  Ed infine, a pag. 12, descrivendo i confini di alcune masserie della zona, annota: «... da mezzogiorno con la masseria di Giuseppe Sambiase, erede di Domenico Fiorillo...» Fin qui il Di Donna.

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 Occorre precisare subito che: ... «il Regio Consigliere nonché Reggente» ecc., non era Domenico ma il padre di questi, Antonio Fiorillo, morto il 6 febbraio 1683. Domenico invece ricoprì la carica di segretario del Regno e morì nel 1727. Inoltre, il Sambiase che sposò la figlia di Antonio Fiorillo, e perciò sorella di Domenico, si chiamava Flaminio e non Giuseppe. Quest'ultimo, figlio di Flaminio, ereditò dalla madre, anche perché il padre, Flaminio, non visse a lungo: morì il 2 luglio 1679, Insomma, la masseria o parte di essa passò ai Sambiase, non da Domenico ma da Antonio Fiorillo, per costituzione di dote all'atto del matrimonio della figlia con Flaminio Sambiase, o per successione apertasi il 6 febbraio 1683 per la morte dello stesso Antonio Fiorillo.  Aaaah!...
Il nostro tono scherzoso, e quindi non cattedratico, non vuol essere nemmeno mancanza di rispetto a chi ha scritto prima di noi, anzi dobbiamo a loro tutta la nostra riconoscenza per le prime traccie forniteci, sulle quali, oggi è ancora domani da altri, si potrà percorrere il cammino verso la scoperta di altre notizie con la quali costruire sia pure un mosaico incompleto della storia di Torre del Greco, perché (lo diciamo con le stesse parole di mons. Salvatore Garofalo) «siamo ancora in attesa di una vera e propria storia della città, condotta con metodo scientifico e moderno».
Un nome, un evento anche se di secondaria importanza, una data, una località citata anche lontana geograficamente, può colmare un vuoto con l'inserimento di un'altra tessera nel rado e frammentario mosaico storico della nostra città o a chiarire, e quindi, a perfezionare, quel poco che già conosciamo.         Il nome Sambiase sta anche all'origine di un equivoco che dura da secoli.
Nella casa di campagna dei Fiorillo e poi dei Sambiase esisteva, ed esiste tuttora una chiesetta dedicata a S. Maria delle Grazie. Col passare degli anni (sono trascorsi tre secoli) col dire sempre «abbascio Sambiase « per indicare la località, la dizione dialettale divenne «abbascio San Biase» e per giustificare il nome del santo anche con la presenza della sua immagine, si pensò appunto di mettere nella chiesa una statua di San Biagio o meglio «San Biase»;   ma, ripetiamo, non senza ringraziare prima padre Onofrio Mazza per l'informazione, la chiesetta non è dedicata al glorioso vescovo di Sebaste, protettore della gola. Difatti in «Turris Octavia>, pag. 13, anche il Di Donna afferma che nella chiesetta era «abitudine festeggiarvi la solennità il 2 febbraio, mentre è tuttaltro».
Il Di Donna pur sapendo che la chiesa non era intitolata a San Biagio e pur segnando la data del 2 e non quella del 3 febbraio, lascia capire al lettore che il giorno 2 si festeggia San Biagio. Il 2 febbraio si celebrava invece la Purificazione della B. V. Maria cioè la Candelora e, come aggiunge il rev. Mazza, anche in settembre nella chiesetta si svolgevano festeggiamenti della ricorrenza della Natività della Vergine. E i festeggiamenti erano talmente solenni che i proprietari della villa, facevano accompagnare i riti sacri da un'orchestra da camera. Il nome del proprietario Sambiase, la pronunzia dialettale e la strettissima vicinanza delle due ricorrenze (2 e 3 febbraio) generarono l'equivoco.

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Fatta la faticaccia nel consultare parecchie fonti d'informazioni, vale la pena di soffermarci anche sulle ... movimentate vicende di una famiglia vissuta nella seconda metà del '600. Vicende svoltesi tre secoli fa ma che assomigliano in modo strano, anzi diremmo perfette a quelle di tante famiglie altolocate che vivono (e come vivono! ... ) in questo volgente secolo '900.
La fortuna economica ... e politica di Antonio Fiorillo ebbe inizio, come sempre è avvenuto e come avviene tuttora, col tenere il sacco a chi era più in alto di lui. Ebbe inizio dopo la più terribile sciagura che avesse colpito Napoli in tutto il corso della sua millenaria storia: la peste del 1656, quando morirono 400mila napoletani. Infatti il Fiorillo nel 1659 ebbe l'incarico dal viceré, il conte di Pegnaranda, l'incarico di amministrare i fondi destinati alla costruzione della chiesa di S. Maria del Pianto sulla collina di Poggioreale, sopra la grotta degli Sportiglioni, dove erano state ammassate e sepolte le vittime della peste. Ed ebbe ,  inoltre, incarichi su altre «cosucce» sulle quali, come si diceva fino a pochi anni or sono correva il «chiacchione». La carica di semplice consigliere della Regia Camera era talmente redditizia che, nel 1671 quando venne nominato presidente della stessa, accolse la promozione con vivo disappunto, tanto che stava per rinunziarla.
Ed ecco la notizia riportata dal Fuidoro: «... ogni cosa è in confusione; nelli ministri non regna giustizia; la corruttela de' tribunali e tribunalisti è al sommo della forfantaria, la gala, le spese superflue: il villano, il bottegaro vuole vuole emulare il nobile, il lusso (è) accresciuto, il denaro è mancato e l'emulazione non cessa in ogni artigiano, che veste, porta laccheo o servitore e galessa ( le «automobili» di quei tempi) e vive per inganno miracoloso in questi tempi corrotti» ...

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Durante la sua permanenza a Madrid, Antonio Fiorillo pur avendo intrallazzato con il viceré, (erano ladri assieme), riferì al sovrano tutte le ruberie del viceré tacendo, naturalmente, le sue, scatenando l'ira del marchese di Los Velez il quale, non potendo per il momento vendicarsi sul Fiorillo perché lontano da Napoli, prese a perseguitare tutti i membri della sua famiglia. E chissà con quale veemenza e quanta potenza jettatoria dovette agire, tanto che in poco tempo riuscì ad eliminarne due. Il primo a soccombere fu Flaminio Sambiase il genero del Fiorillo.
«
La notte seguente del 2 di luglio 1679, verso le sei ore, è morto di morte subitanea il dotto signor Flaminio Sanbiase (esattamente Sambiase - n. d. r.) genero del signor regente Antonio Fiorillo, per disgusto preso per un rimprovero fattoli dal signor viceré circa la persona del socero, che in Spagna abbia fatto molti uffici, come si dice, al detto signor viceré». (Confuorto)
Il secondo a morire fu un fratello di Antonio Fiorillo, il gesuita padre Carlo. Per questi dobbiamo riferire un fatto abbastanza clamoroso sia pure brevemente.
Nell'agosto dello stesso anno1679, un assassino, compiuto il misfatto, si rifuggiò nella chiesa di S. Francesco Saverio allora tenuta dai gesuiti (è l'attuale chiesa di S. Ferdinando). Sapendo che lì c'era padre Carlo Fiorillo, il viceré fece puntare i cannoni di Castelnuovo sulla chiesa, minacciando di farla radere al suolo se non fosse stato consegnato il reo alla giustizia. La data di morte di padre Carlo non l'abbiamo rintracciata. Però il Confuorto meno di due anni dopo, l'annota come un fatto già avvenuto, dove si legge, a proposito del ritorno dalla Spagna di Antonio Fiorillo, che il viceré  «giustamente sdegnato... vedeva di malissimo occhio i suoi parenti, a'  quali, quando ne li veniva l'occasione, con molta tracondia rimproverava l'azzioni ingrate del regente : e di tal maniera che prima ne morì accorato, quasi di morte repentina, il dottor Flaminio Sambiase genero, e poi il padre Carlo Fiorillo gesuita, fratello.
Il reggente Fiorillo arrivò a Napoli la sera di sabato 19 aprile 1681 e il suo primo pensiero fu quello di recarsi a palazzo reale per informare il viceré della sua venuta e per... il desiderio di baciargli le mani ... ma il vicerè non volle riceverlo. Il Fiorillo non dovette avere vita facile e sperava tanto nella rimozione del viceré per scadenza di mandato, ma questo restò a Napoli parecchio tempo ancora, ma non in tempo utile per vedere la morte del Fiorillo. Infatti il marchese di Los Velez, richiamato in Ispagna, partì da Napoli il 27 gennaio 1783 (sic.) senza vedere crepare il suo nemico ... ex amico e socio in affari. Però fu quistione di dieci giorni appena, perché:
«Ai 6 di febbraio 1683, ad ora di pranzo (lui che aveva mangiato tanto!) è morto il regente Antonio Fiorillo e il giorno seguente, domenica, è stato portato il suo corpo a sepelire nella congregazione della Croce, vicino la chiesa di Sant'Agostino, della quale era fratello» (Confuorto) ... Un'interruzione ...

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Durante le ricerche da noi fatte per la stesura di questo testo, abbiamo avuto la sorpresa di trovare in annotazione del Fuidoro, un'altra notizia riguardante Torre del Greco, e precisamente Nicola Maria Gusman - Carafa figlio del duca di Medina de las Torres e di Anna Carafa, che detenne il feudo dal 24 ottobre  1644 al 7 gennaio 1689. E' proprio vero che le ricerche non finiscono mai ...
Non è proprio una notizia di una certa importanza storica, però vale la pena riferirla ai lettori specialmente a quelli torresi, anche perché dal Seicento ad oggi nessuno autore nostrano l'ha mai riportata, per la semplice, seguente ragione: non la sapevano, come non la sapevamo noi fino ad oggi. Nicola Carafa era privo dell'occhio destro fin dall'infanzia. Giocando con delle canne assieme al suo paggio, Giuseppe de Castro, fu da questi accecato involontariamente ... Fine dell'interruzione.

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Antonio Fiorillo, oltre alla figluola sposata con Flaminio Sambiase, aveva, per quanto ci è dato conoscere, altri quattro figli tutti maschi. Il primogenito Nicola, avvocato; Domenico, magistrato; Marcello, militare; e il canonico Gaetano.
Nicola nel novembre del 1677, sposò la figlia di un nobile spiantatissimo del seggio di Porto e data la sete di danaro della famiglia Fiorillo, numerosa per giunta, Il Fuidoro annota: «essendo figlio di regente e avendo poca facultà per tanti fratelli che sono, Dio li faccia godere senza danni del pubblico». Invece il danno pubblico venne puntualmente dieci anni dopo. Degno figlio di tal padre, il dottore avvocato don Nicola Fiorillo, figlio del fu reggente Antonio, venne arrestato per truffa ai danni dell'amministrazione della « Bbonafficiata», ovvero il «gioco delle zitelle», perché il ricavato netto del gioco serviva a dotare le ragazze povere all'atto del loro matrimonio.
Domenico magistrato, al contrario del fratello Nicola, nel 1678, sposò una ricca e nobile donzella, figlia di Geronimo d'Angelo gentiluomo del seggio di Porto, con una dote di 5.000 ducati. Il padre della sposa per l'occasione fu molto criticato perché, dicevano in molti «con quella dote avrebbe potuto maritarla ad un soggetto più qualificato».  Quando prese possesso della sua carica di Segretario del Regno il 9 ottobre 1690, in Collaterale nessuno lo voleva data la pessima reputazione della sua famiglia. Fu accolto a malincuore e soltanto con l'imposizione del viceré che intervenne di persona. Per quanto riguarda Domenico qui ci dobbiamo fermare perché perdiamo le sue tracce. Lo troviamo citato dal Confuorto, per una lettera inviata dal Fiorillo, segretario del Regno, all'eletto del Popolo, Antonio Plastena. Il documento è redatto in lingua spagnuola, datato «Palacio, a 4 di marzo 1693 e firmato «Don Domingo Fiorillo». Possiamo perciò pensare che Domenico fece eccezione alla regola ... di famiglia. Sappiamo per ora che morì nel 1727 al tempo della dominazione austriaca.
Marcello, come abbiamo detto, abbracciò la carriera militare. Era capitano di fanteria quando, nel marzo 1684, in Abruzzo, in n operazione contro un'agguerrita banda di briganti che si erano asserragliati in una fortissima torre, egli, unico ufficiale napoletano, trovò la morte assieme a più di cento soldati e tre capitani spagnuoli. E' proprio vero che la guerra la fanno i fessi. Però dopo morti ricevono ... gli onori dagli ...onorevoli.
Gaetano il canonico. Questi, come abbiamo detto, si recò in Ispagna assieme al padre nella speranza di essere nominato vescovo dal re. Sappiamo che la nomina non l'ottenne, però, dalle notizie riportate dal diarista, apprendiamo anche che le ragioni c'erano ...
- Aaah!... Alla faccia del caciocavallo ... Teh!... Teh! ... Ssss. ascoltimo che dice don Domenico Confuorto che in fatti del genere non gli sfugge niente.
«A 25 giugno 1686, martedì, fu carcerato il canonico Fiorillo, figlio del quondam (fu) regente Antonio, da monsignor nunzio per delegazione avuta da Roma, dicono per usare troppo licensiosamente la brachetta. Costui si era separato da' fratelli e viveva veramente troppo alla libera.   Venne scarcerato dopo dieci mesi. Infatti annota ancora il Confuorto:
«A 25 aprile 1687, venerdì, è uscito di carcere il canonico Fiorillo, ed è venuto al suo officio di canonico nell'Arcivescovato doppo diece mesi di carcere per causa d'essersi troppo dato alla senzualità carnali, come si è detto altrove».
Il perdono dell'autorità ecclesiastica non servì a far ritornare all'ovile la pecorella... anzi il montone, poiché il... canonico continuò a vivere troppo alla libera. Per questo fu scomunicato. Successivamente s'era creata una famiglia e s'era dato anche al giuoco e di quanto era sceso in basso ce ne dà notizia lo stesso diarista ... all'incirca quattro anni dopo.
« a 29 gennaio 1691, lunedì, dall'abbate Ciccio Moscatello, fu tirata un'archibugiata a don Gaetano Fiorillo, uno de' figli del quondam regente Antonio, per occasione di richiesta di denari vinti al gioco e lo colpì nel braccio, senza però pericolo di morte. Costui viveva appartato dal suo fratello don Domenico, al presente secretario del Regno, avendosi sposato una pubblica meretrice chiamata Tensa, con la quale aveva avuto prima inonesta pratica, e ci aveva procreati alcuni figliuoli».

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Chi legge oggi la targa viaria di via Fiorillo, ignorando tutti i precedenti si domanderà: - Chissà di quale uomo illustre, questa strada porta il nome? ... E resta nella convinzione che tutte le strade portano «sempre» il nome di un uomo illustre.