Il limite occidentale di Torre del Greco, confinante
con la città di Resina, a valle della strada statale, è segnato
dalla via Fiorillo.
Lo storico torrese Vincenzo Di Donna, del quale abbiamo pubblicato
nei numeri scorsi, in due puntate, il racconto «Il campanarista
di S. Croce» ne fa cenno nel suo «Vocabolario
delle denominazioni locali», 1925, e in «Turris
Octavia» (parte prima), un fascicolo edito nel 1954 a
cura del Circolo Artistico «Domenico Morelli» di Torre
del Greco.
Come il testo del «Campanarista», anche quello di «Turris
Octava» è più racconto che storia. Tralasciando il racconto
dovuto alla fantasia dell'Autore, noi ci occuperemo soltanto, prima,
a precisare alcuni dati e, poi a ... presentare al lettore i membri
della famiglia Fiorillo dalla cui casata la strada prese il nome.
Scrive il Di Donna («Vocabolarietto», pag. 6): «
Questo territorio corrisponde a quello che dai signori Fiorillo
passò poi ai Sambiase ...». Egli scrive inoltre
(«Turris Octavia», pag. 10) che: .. «il Regio
Consigliere nonché Reggente della Gran Corte della Vicaria, Domenico
Fiorillo, possedendo nell'estremo una masseria sporgente sul
mare, volle edificare il suo Casino sul finire del XVII secolo allo
scopo di trascorrervi i periodi di riposo estivo»,
e, nella stessa pagina, aggiunge «allorché una di
lui sorella andò sposa con Giuseppe Sambiase, avrebbe desiderato
festeggiare le nozze in questo magnifico posto».
Ed infine, a pag. 12, descrivendo i confini di alcune masserie
della zona, annota: «... da mezzogiorno con la masseria
di Giuseppe Sambiase, erede di Domenico Fiorillo...» Fin
qui il Di Donna.
***
Occorre precisare subito
che: ... «il Regio Consigliere nonché Reggente»
ecc., non era Domenico ma il padre di questi, Antonio Fiorillo,
morto il 6 febbraio 1683. Domenico invece ricoprì la carica di segretario
del Regno e morì nel 1727. Inoltre, il Sambiase che sposò
la figlia di Antonio Fiorillo, e perciò sorella di Domenico, si
chiamava Flaminio e non Giuseppe. Quest'ultimo, figlio di Flaminio,
ereditò dalla madre, anche perché il padre, Flaminio, non visse
a lungo: morì il 2 luglio 1679, Insomma, la masseria o parte di
essa passò ai Sambiase, non da Domenico ma da Antonio Fiorillo,
per costituzione di dote all'atto del matrimonio della figlia con
Flaminio Sambiase, o per successione apertasi il 6 febbraio 1683
per la morte dello stesso Antonio Fiorillo. Aaaah!...
Il nostro tono scherzoso, e quindi non cattedratico, non vuol essere
nemmeno mancanza di rispetto a chi ha scritto prima di noi, anzi
dobbiamo a loro tutta la nostra riconoscenza per le prime traccie
forniteci, sulle quali, oggi è ancora domani da altri, si potrà
percorrere il cammino verso la scoperta di altre notizie con la
quali costruire sia pure un mosaico incompleto della storia di Torre
del Greco, perché (lo diciamo con le stesse parole di mons. Salvatore
Garofalo) «siamo ancora in attesa di una vera e propria
storia della città, condotta con metodo scientifico e moderno».
Un nome, un evento anche se di secondaria importanza, una
data, una località citata anche lontana geograficamente, può colmare
un vuoto con l'inserimento di un'altra tessera nel rado e frammentario
mosaico storico della nostra città o a chiarire, e quindi, a perfezionare,
quel poco che già conosciamo.
Il nome Sambiase sta anche all'origine di un equivoco che dura da
secoli.
Nella casa di campagna dei Fiorillo e poi dei Sambiase
esisteva, ed esiste tuttora una chiesetta dedicata a S.
Maria delle Grazie. Col passare degli anni (sono trascorsi tre
secoli) col dire sempre «abbascio Sambiase « per
indicare la località, la dizione dialettale divenne «abbascio
San Biase» e per giustificare il nome del santo anche
con la presenza della sua immagine, si pensò appunto di mettere
nella chiesa una statua di San Biagio o meglio «San Biase»;
ma, ripetiamo, non senza ringraziare prima padre Onofrio Mazza per
l'informazione, la chiesetta non è dedicata al glorioso vescovo
di Sebaste, protettore della gola. Difatti in «Turris Octavia>,
pag. 13, anche il Di Donna afferma che nella chiesetta era «abitudine
festeggiarvi la solennità il 2 febbraio, mentre è tuttaltro».
Il Di Donna pur sapendo che la chiesa non era intitolata
a San Biagio e pur segnando la data del 2 e non quella del 3
febbraio, lascia capire al lettore che il giorno 2 si festeggia
San Biagio. Il 2 febbraio si celebrava invece la Purificazione della
B. V. Maria cioè la Candelora e, come aggiunge il rev. Mazza, anche
in settembre nella chiesetta si svolgevano festeggiamenti della
ricorrenza della Natività della Vergine. E i festeggiamenti erano
talmente solenni che i proprietari della villa, facevano accompagnare
i riti sacri da un'orchestra da camera. Il nome del proprietario
Sambiase, la pronunzia dialettale e la strettissima vicinanza delle
due ricorrenze (2 e 3 febbraio) generarono l'equivoco.
***
Fatta la faticaccia nel consultare
parecchie fonti d'informazioni, vale la pena di soffermarci anche
sulle ... movimentate vicende di una famiglia vissuta nella seconda
metà del '600. Vicende svoltesi tre secoli fa ma che assomigliano
in modo strano, anzi diremmo perfette a quelle di tante famiglie
altolocate che vivono (e come vivono! ... ) in questo volgente secolo
'900.
La fortuna economica ... e politica di Antonio Fiorillo ebbe
inizio, come sempre è avvenuto e come avviene tuttora, col tenere
il sacco a chi era più in alto di lui. Ebbe inizio dopo la più terribile
sciagura che avesse colpito Napoli in tutto il corso della sua millenaria
storia: la peste del 1656, quando morirono 400mila napoletani.
Infatti il Fiorillo nel 1659 ebbe l'incarico dal viceré, il conte
di Pegnaranda, l'incarico di amministrare i fondi destinati alla
costruzione della chiesa di S. Maria del Pianto sulla collina di
Poggioreale, sopra la grotta degli Sportiglioni, dove erano state
ammassate e sepolte le vittime della peste. Ed ebbe , inoltre,
incarichi su altre «cosucce» sulle quali, come si diceva
fino a pochi anni or sono correva il «chiacchione».
La carica di semplice consigliere della Regia Camera era talmente
redditizia che, nel 1671 quando venne nominato presidente della
stessa, accolse la promozione con vivo disappunto, tanto che stava
per rinunziarla.
Ed ecco la notizia riportata dal Fuidoro: «... ogni cosa
è in confusione; nelli ministri non regna giustizia; la corruttela
de' tribunali e tribunalisti è al sommo della forfantaria, la gala,
le spese superflue: il villano, il bottegaro vuole vuole emulare
il nobile, il lusso (è) accresciuto, il denaro è mancato e l'emulazione
non cessa in ogni artigiano, che veste, porta laccheo o servitore
e galessa ( le «automobili» di quei tempi) e
vive per inganno miracoloso in questi tempi corrotti» ...
***
Durante la sua permanenza a Madrid, Antonio Fiorillo
pur avendo intrallazzato con il viceré, (erano ladri assieme), riferì
al sovrano tutte le ruberie del viceré tacendo, naturalmente, le
sue, scatenando l'ira del marchese di Los Velez il quale,
non potendo per il momento vendicarsi sul Fiorillo perché lontano
da Napoli, prese a perseguitare tutti i membri della sua famiglia.
E chissà con quale veemenza e quanta potenza jettatoria dovette
agire, tanto che in poco tempo riuscì ad eliminarne due. Il primo
a soccombere fu Flaminio Sambiase il genero del Fiorillo.
«La notte seguente del 2 di luglio 1679, verso le sei
ore, è morto di morte subitanea il dotto signor Flaminio Sanbiase
(esattamente Sambiase - n. d. r.) genero del signor regente
Antonio Fiorillo, per disgusto preso per un rimprovero fattoli dal
signor viceré circa la persona del socero, che in Spagna abbia fatto
molti uffici, come si dice, al detto signor viceré». (Confuorto)
Il secondo a morire fu un fratello di Antonio Fiorillo, il gesuita
padre Carlo. Per questi dobbiamo riferire un fatto abbastanza
clamoroso sia pure brevemente.
Nell'agosto dello stesso anno1679, un assassino, compiuto il misfatto,
si rifuggiò nella chiesa di S. Francesco Saverio allora tenuta dai
gesuiti (è l'attuale chiesa di S. Ferdinando). Sapendo che lì c'era
padre Carlo Fiorillo, il viceré fece puntare i cannoni di Castelnuovo
sulla chiesa, minacciando di farla radere al suolo se non fosse
stato consegnato il reo alla giustizia. La data di morte di padre
Carlo non l'abbiamo rintracciata. Però il Confuorto meno di due
anni dopo, l'annota come un fatto già avvenuto, dove si legge, a
proposito del ritorno dalla Spagna di Antonio Fiorillo, che il viceré
«giustamente sdegnato... vedeva di malissimo occhio i suoi
parenti, a' quali, quando ne li veniva l'occasione, con molta
tracondia rimproverava l'azzioni ingrate del regente : e di tal
maniera che prima ne morì accorato, quasi di morte repentina, il
dottor Flaminio Sambiase genero, e poi il padre Carlo Fiorillo gesuita,
fratello.
Il reggente Fiorillo arrivò a Napoli la sera di sabato 19 aprile
1681 e il suo primo pensiero fu quello di recarsi a palazzo reale
per informare il viceré della sua venuta e per... il desiderio di
baciargli le mani ... ma il vicerè non volle riceverlo. Il Fiorillo
non dovette avere vita facile e sperava tanto nella rimozione del
viceré per scadenza di mandato, ma questo restò a Napoli parecchio
tempo ancora, ma non in tempo utile per vedere la morte del Fiorillo.
Infatti il marchese di Los Velez, richiamato in Ispagna, partì da
Napoli il 27 gennaio 1783 (sic.) senza vedere crepare il suo nemico
... ex amico e socio in affari. Però fu quistione di dieci giorni
appena, perché:
«Ai 6 di febbraio 1683, ad ora di pranzo (lui che aveva
mangiato tanto!) è morto il regente Antonio Fiorillo e il giorno
seguente, domenica, è stato portato il suo corpo a sepelire nella
congregazione della Croce, vicino la chiesa di Sant'Agostino, della
quale era fratello» (Confuorto) ... Un'interruzione ...
***
Durante le ricerche da noi fatte
per la stesura di questo testo, abbiamo avuto la sorpresa di trovare
in annotazione del Fuidoro, un'altra notizia riguardante Torre del
Greco, e precisamente Nicola Maria Gusman - Carafa figlio
del duca di Medina de las Torres e di Anna Carafa, che detenne il
feudo dal 24 ottobre 1644 al 7 gennaio 1689. E' proprio vero
che le ricerche non finiscono mai ...
Non è proprio una notizia di una certa importanza storica, però
vale la pena riferirla ai lettori specialmente a quelli torresi,
anche perché dal Seicento ad oggi nessuno autore nostrano l'ha mai
riportata, per la semplice, seguente ragione: non la sapevano, come
non la sapevamo noi fino ad oggi. Nicola Carafa era privo
dell'occhio destro fin dall'infanzia. Giocando con delle canne
assieme al suo paggio, Giuseppe de Castro, fu da questi accecato
involontariamente ... Fine dell'interruzione.
***
Antonio Fiorillo, oltre alla figluola sposata con
Flaminio Sambiase, aveva, per quanto ci è dato conoscere, altri
quattro figli tutti maschi. Il primogenito Nicola, avvocato; Domenico,
magistrato; Marcello, militare; e il canonico Gaetano.
Nicola nel novembre del 1677, sposò la figlia di un nobile
spiantatissimo del seggio di Porto e data la sete di danaro della
famiglia Fiorillo, numerosa per giunta, Il Fuidoro annota: «essendo
figlio di regente e avendo poca facultà per tanti fratelli che sono,
Dio li faccia godere senza danni del pubblico». Invece
il danno pubblico venne puntualmente dieci anni dopo. Degno figlio
di tal padre, il dottore avvocato don Nicola Fiorillo, figlio del
fu reggente Antonio, venne arrestato per truffa ai danni dell'amministrazione
della « Bbonafficiata», ovvero il «gioco
delle zitelle», perché il ricavato netto del gioco serviva
a dotare le ragazze povere all'atto del loro matrimonio.
Domenico magistrato, al contrario del fratello Nicola, nel
1678, sposò una ricca e nobile donzella, figlia di Geronimo d'Angelo
gentiluomo del seggio di Porto, con una dote di 5.000 ducati. Il
padre della sposa per l'occasione fu molto criticato perché, dicevano
in molti «con quella dote avrebbe potuto maritarla ad
un soggetto più qualificato». Quando prese possesso
della sua carica di Segretario del Regno il 9 ottobre 1690, in Collaterale
nessuno lo voleva data la pessima reputazione della sua famiglia.
Fu accolto a malincuore e soltanto con l'imposizione del viceré
che intervenne di persona. Per quanto riguarda Domenico qui ci dobbiamo
fermare perché perdiamo le sue tracce. Lo troviamo citato dal Confuorto,
per una lettera inviata dal Fiorillo, segretario del Regno, all'eletto
del Popolo, Antonio Plastena. Il documento è redatto in lingua spagnuola,
datato «Palacio, a 4 di marzo 1693 e firmato «Don
Domingo Fiorillo». Possiamo perciò pensare che Domenico
fece eccezione alla regola ... di famiglia. Sappiamo per ora che
morì nel 1727 al tempo della dominazione austriaca.
Marcello, come abbiamo detto, abbracciò la carriera militare.
Era capitano di fanteria quando, nel marzo 1684, in Abruzzo, in
n operazione contro un'agguerrita banda di briganti che si erano
asserragliati in una fortissima torre, egli, unico ufficiale napoletano,
trovò la morte assieme a più di cento soldati e tre capitani spagnuoli.
E' proprio vero che la guerra la fanno i fessi. Però dopo morti
ricevono ... gli onori dagli ...onorevoli.
Gaetano il canonico. Questi, come abbiamo detto, si recò
in Ispagna assieme al padre nella speranza di essere nominato vescovo
dal re. Sappiamo che la nomina non l'ottenne, però, dalle notizie
riportate dal diarista, apprendiamo anche che le ragioni c'erano
...
- Aaah!... Alla faccia del caciocavallo ... Teh!... Teh! ... Ssss.
ascoltimo che dice don Domenico Confuorto che in fatti del genere
non gli sfugge niente. «A 25 giugno 1686, martedì, fu carcerato il canonico Fiorillo,
figlio del quondam (fu) regente Antonio, da monsignor nunzio
per delegazione avuta da Roma, dicono per usare troppo licensiosamente
la brachetta. Costui si era separato da' fratelli e viveva veramente
troppo alla libera. Venne scarcerato dopo dieci
mesi. Infatti annota ancora il Confuorto: «A 25 aprile 1687, venerdì, è uscito di carcere il canonico
Fiorillo, ed è venuto al suo officio di canonico nell'Arcivescovato
doppo diece mesi di carcere per causa d'essersi troppo dato alla
senzualità carnali, come si è detto altrove».
Il perdono dell'autorità ecclesiastica non servì a far ritornare
all'ovile la pecorella... anzi il montone, poiché il... canonico
continuò a vivere troppo alla libera. Per questo fu scomunicato.
Successivamente s'era creata una famiglia e s'era dato anche al
giuoco e di quanto era sceso in basso ce ne dà notizia lo stesso
diarista ... all'incirca quattro anni dopo. « a 29 gennaio 1691, lunedì, dall'abbate Ciccio Moscatello,
fu tirata un'archibugiata a don Gaetano Fiorillo, uno de' figli
del quondam regente Antonio, per occasione di richiesta di denari
vinti al gioco e lo colpì nel braccio, senza però pericolo di morte.
Costui viveva appartato dal suo fratello don Domenico, al presente
secretario del Regno, avendosi sposato una pubblica meretrice chiamata
Tensa, con la quale aveva avuto prima inonesta pratica, e ci aveva
procreati alcuni figliuoli».
***
Chi legge oggi la targa viaria di via Fiorillo, ignorando
tutti i precedenti si domanderà: - Chissà di quale uomo illustre,
questa strada porta il nome? ... E resta nella convinzione che tutte
le strade portano «sempre» il nome di un uomo illustre.
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