Quanti ricordi affiorano alla mente,
leggendo il tuo simpatico
librone,
quante vicende e quanta antica gente,
onde mi par che gli anni sul groppone
mi sian spariti come
per magia,
ed or vo scorrazzando in bicicletta,
gaio e legger per la mia vecchia via
ch'oggi s'è fatta costipata e stretta!
Tu hai compiuto l'opra
prodigiosa
di ridar vita all'ombre del passato,
e con la tua gioconda e schietta prosa
hai fatto d'esse un film ben parlato.
Per te ho rivisto e
udito Torre antica,
che io credevo già da tempo morta,
e ho visto e udito tanta gente amica
che giace in pace e par da te risorta.
Ho rimirato i vecchi
quattro altari,
don Nicolino ed altri gran pittori,
tappeti, luminarie e maruzzari,
e bande di famosi suonatori.
Ed uomini ho pur visto
andar a pesca
del corallo nel periglioso mare,
e le donne con nenia pittoresca
salutarne il ritorno al casolare.
Ed il Vesuvio col pennacchio
grigio
che pareva un gendarme in uniforme,
al suo dovere eternamente ligio
di spaventar le sottostante torme.
O quante cose nel tuo
bel volume
ho appreso con un vero e gran diletto,
ond' è che ammiro il tuo paziente acume
e per la Torre avita il grande affetto.
Or, grazia alla tua
provvida fatica,
a questa tarda e stagionata età,
io non ignoro più la storia antica
di questa nostra amabile città:
oggi conosco tanto
sui baroni
che quasi mi presento a Rischiatutto,
e più non credo a certi chiacchieroni
che parlan d'un barone farabutto
il qual schiudeva a
Venere la via,
lasciando Marte o Adone si conciato,
che per tal sorte disumana e ria
nacque il detto cornuto e bastonato
Insomma il libro tuo
l'ho divorato
e lo ruminerò quando m'assale
un po' di nostalgia per quel passato
che tu, con penna invero magistrale,
descrivi con passione
e con gaiezza,
e con pazienza industre ed infinita:
Torre, e non solo Torre, certo apprezza
il tuo lavoro e a proseguir t'invita.
Ed è l'auspicio mio
e l'ardente voto
che la tua penna, caro mio Rafele,
ognora attiva ed in perpetuo moto,
per più lontani mari alzi le vele.
Amilcare
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